di Paolo Conte
Dietro le quinte della formazione
Oggi, vogliamo uscire per un po’ dalle solite comunicazioni di tipo tecnico legislativo relative alla sicurezza nei luoghi di lavoro, che rimangono comunque l’aspetto fondamentale del nostro lavoro, per concentrarci su un altro di cui si parla poco: le persone che stanno dietro alla formazione.
I formatori, infatti, sono veramente l’anello di congiunzione tra la legislazione in materia di sicurezza, il mondo dell’impresa e gli stessi lavoratori. Senza di loro nessuna attività di informazione e formazione sulle diverse tematiche legate alla sicurezza sul lavoro potrebbe diffondersi capillarmente ed efficacemente sul territorio nazionale.
Un figura spesso ignorata ma con molto da raccontare
Ci piace immaginare la figura del formatore ricorrendo a delle similitudini. Potremmo vederlo come i commesso viaggiatori degli anni ’60, che era l’unico veicolo allora veramente efficace per far arrivare i prodotti di un’azienda, ma soprattutto l’informazione su di essi, direttamente ai destinatari. Oppure, ricorrendo ad una forzatura ancora più romantica, potremmo paragonarlo al messo del Re che leggeva gli editti e i proclami nelle città e nei villaggi, che altrimenti sarebbero rimasti lettera morta.
Il formatore nell’era digitale
Certo, oggi è tutto diverso. L’informazione corre veloce, in tutte le direzioni ed è fruibile praticamente da tutti. Eppure, nonostante ciò, la figura del formatore rimane imprescindibile. Un conto, infatti, è avere un’informazione sbagliata o mal interpretata su prodotti di largo consumo non sensibili, un altro è averla sulle norme che disciplinano la sicurezza dei lavoratori. Come dimostrano gli impietosi fatti di cronaca, infatti, ogni lacuna può avere un impatto drammatico sulla vita dei lavoratori.
Fatta questa premessa, cercheremo di descrivere la vita quotidiana di un formatore, le sue soddisfazioni personali e professionali, i suoi bisogni, le sue proposte e le sue frustrazioni.
7 domande per 7 giorni
Per questo, abbiamo sottoposto una serie di domande al Signor Alessandro Casartelli, uno dei nostri docenti formatori di maggior fiducia e esperienza (Dal 2012, con alle spalle una lunga esperienza nel settore, è Consulente aziendale per la sicurezza T.U. DLgs 81/08, apprendistato professionalizzante art. 47 DLgs 81/15 e sicurezza alimentare HACCP) perché pensiamo che possa dare un’idea della vita quotidiana di un formatore professionista.
Riportiamo in forma discorsiva, ma fedele, le risposte ad alcune domande che abbiamo preparato per lui:
Quanto incide il viaggio o la trasferta con il suo carico di ostacoli, imprevisti, traffico e ritardi, sull’attività quotidiana di un formatore?
L’impatto maggiore si ha in termini di ore. Bisogna uscire in tempo per poter arrivare in orario. Normalmente si parte alle 6.00 del mattino, in modo da evitare il traffico mattutino, per rientrare alle 20.00, orario da cui diminuisce il traffico serale. Le 8 ore di docenza retribuita, finiscono così per occupare 14 ore della propria giornata.
Il pranzo o la cena sono un altro aspetto che un buon formatore deve sapere gestire bene. Di energie in questo lavoro se ne consumano tante e se non ci si vuole rovinare lo stomaco con i panini, occorre trovare una buona trattoria per ogni giorno. L’alternativa è il digiuno. Per il resto, il trucco di un buon formatore è fare una buona pianificazione e non lasciare nulla al caso.
Quali sono gli aspetti postivi e quelli negativi dell’attività di formatore sulla sicurezza nei luoghi di lavoro?
L’aspetto negativo, nel caso si lavori in subappalto o comunque ove il rapporto organizzativo sia gestito dall’azienda committente, è che spesso non si trova l’ubicazione esatta dell’indirizzo della formazione. Data l’ora mattutina in cui ci si trova sul posto, i referenti non sono ancora raggiungibili. Spesso, inoltre, non si conoscono gli stessi nomi dei referenti interni della formazione; altre volte, il centralino che risponde non è a conoscenza del corso.
Un altro aspetto estremamente frustante sono gli annullamenti all’ultimo momento dei corsi, proprio perché non è possibile organizzarli direttamente con il cliente finale.
L’aspetto positivo invece, quando tutto fila liscio, è che ci sentiamo investiti di una responsabilità, perché abbiamo la possibilità di parlare ai corsisti di un argomento come la sicurezza sul lavoro, molto importante per loro, riuscendo a coinvolgerli in dibattiti veramente interessanti. Ritengo, poi, molto positivo e appagante il coinvolgimento dei responsabili del cliente finale nell’analisi delle problematiche legate ai diversi aspetti della formazione. Sono queste le cose che ti danno la carica e consentono di avere dei feed-back concreti sul tuo lavoro.
Che tipo di rapporto si instaura tra docente e corsisti lavoratori?
Sulla base della mia esperienza, si riesce spesso ad instaurare un rapporto di fiducia e di amicizia, sempre nel rispetto del ruolo delle parti (docente/corsista).
Secondo la tua esperienza di formatore, quali atteggiamenti positivi e negativi i corsisti lavoratori manifestano nei confronti della formazione?
Ho potuto rilevare, in generale, una bassa percentuale di atteggiamenti negativi, come ad esempio il disinteresse, la demotivazione, il fastidio, l’ostilità, la diffidenza, la distrazione e la fretta. Forse la sottovalutazione della formazione ha una percentuale un pochino maggiore.
Tra gli atteggiamenti positivi, invece, noto sempre alte percentuali di empatia, attenzione e partecipazione. Forse, un po’ meno consapevolezza e curiosità. Tutto questo, lo ribadisco, vale in generale, perché è chiaro che questi atteggiamenti dipendono anche da variabili come il tipo di corso, le problematiche affrontate e gli aspetti caratteriali delle persone.
Che tipo di atteggiamento hanno nei confronti del formatore gli imprenditori o i responsabili dell’azienda cliente?
Ho l’impressione che l’atteggiamento verso i formatori, negli ultimi anni, sia cambiato in meglio. I responsabili tendono a collaborare di più e, se hanno il tempo, a partecipare al corso.
Hai la sensazione che i corsi di formazione raggiungano davvero lo scopo di prevenzione e consapevolezza nei lavoratori ?
Ritengo assolutamente di sì. Io cerco di introdurre il corso con una disquisizione sul comportamento/approccio individuale del lavoratore al lavoro giornaliero; evidenzio il valore dell’attenzione, della responsabilità e della collaborazione.
Che cosa cambieresti per migliorare l’efficacia dei corsi a livello organizzativo e professionale?
Eviterei i corsi di due ore perché consentono a stento la raccolta di firme e una degna introduzione. Rischiano di lasciare poco tempo per evidenziare i rischi trattati, lasciando magari dei dubbi che non devono esserci. Infine, i corsi troppo brevi, riducono la possibilità di entrare in empatia con i lavoratori, aspetto cardine di una buona attività formativa. La conseguenza, è che si può generare senso di incompiutezza nei corsisti e insoddisfazione nel docente.
Conclusione
Sono molte altre le domande che avremmo potuto porre, ma ci ripromettiamo di ripetere un questionario più approfondito, coinvolgendo, al tempo stesso, un maggior numero di docenti su questi aspetti così importanti.
Speriamo che questa prima analisi porti il suo piccolo contributo alla conoscenza di una professione che si svolge con discrezione, dietro le quinte, ma che costituisce un tassello fondamentale del complesso e delicato mosaico dello Stato Sociale e del lavoro di unpaese civile.
Ringraziamo Sandro Casartelli per il suo prezioso contributo.
Cordiali saluti
Paolo Conte
Ufficio stampa e pubblicazioni
Life 81
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