Life81
  • Home
  • Mission
  • Servizi
    • Corsi di Formazione
    • Protezione antincendio e Sicurezza Cantiere
    • Valutazione dei Rischi
    • Altri Servizi
    • NUOVO SERVIZIO: SANIFICAZIONE CON OZONO
  • News
  • Decreto Legislativo 81/2008
  • Foto e Video
  • Cerca
  • Menu

LA SICUREZZA SUL LAVORO IN EPOCA DI CRISI COSTANTI

Maggio 13, 2022/0 Commenti/in Legislazione Sicurezza, Life 81, Prevenzione, Rischio, RSPP, Salute e Sicurezza /da Life 81

Sicurezza sul lavoro e crisi

La guerra che sta sconvolgendo l’Ucraina e l’Europa, sta avendo drammatiche conseguenze umanitarie, sociali ed economiche. Il mondo non si è ancora ripreso dalla crisi economico-finanziaria del 2008 e dalla pandemia mondiale, che ecco affacciarsene un’altra, questa volta geopolitica e umanitaria. L’inizio del XXI secolo, verrà ricordato come un periodo di crisi costanti. Il quadro attuale induce a fare alcune considerazioni sull’impatto che la guerra avrà sull’ economica, ma anche sulle politiche sociali che, non dimentichiamolo, sono il frutto di battaglie e conquiste iniziate alla fine del 1800 e costate il sacrificio di alcune generazioni. Per questo è giusto chiedersi se non rischiamo di fare passi indietro rispetto a importanti conquiste sociali, come quelle in materia di salute e sicurezza dei lavoratori oggetto della nostra analisi, di cui si gettarono i fondamenti giuridici più di un secolo fa.

Per le piccole e medie imprese, la sicurezza dei lavoratori costituisce uno sforzo anche economico che non deve essere visto solo dal punto di vista dei costi diretti legati alla prevenzione, ma anche di quelli indiretti legati al tempo, che questo tipo di azienda deve dirottare dai quotidiani compiti di produzione e gestione alla formazione in aula o sul campo.

Il problema è particolarmente importante per le nostre microimprese (meno di 10 lavoratori), le piccole (da 10 a 50 lavoratori) e le medie (da 5 a 250 lavoratori). Queste categorie rappresentano il 95% circa delle nostre imprese, ma solo poco più dell’1,5% è appresentato dalle medie.

Nonostante ciò, raramente la piccola impresa è stata al centro del discorso giurisprudenziale italiano sul lavoro e dei disegni di riforma della regolazione del lavoro.

La maggioranza di esse non attua adeguate misure in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come risulta dallo studio condotto dall’European Agency for Safety and Health at Work, da cui emerge che gli infortuni sul lavoro nelle piccole imprese rappresentano l’82% di tutti gli infortuni sul lavoro ed il 90% di tutti gli incidenti mortali. Anche la più recente “Seconda indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti (ESENER-2)” mostra che i lavoratori delle piccole imprese sono soggetti a maggiori rischi e le difficoltà nella gestione della salute e sicurezza è tanto più rilevante quanto più è ridotta la dimensione dell’impresa.

Ci sono diverse ragioni che espongono le piccole imprese ai rischi derivanti dalle attività lavorative. Vediamone qualcuna.

Prima ragione

Queste imprese sono condizionate dalle scarse risorse economiche che spesso inducono a ridurre le spese legate all’attività di prevenzione.

I costi della prevenzione consistono non solo nelle spese vive per la messa in sicurezza dei macchinari e degli ambienti di lavoro, ma anche nel personale qualificato (spesso consulenti esterni all’organico aziendale), senza contare il costo indiretto derivante dal tempo tolto alla produzione per impegnare il personale nella formazione obbligatoria.

Gli studi mostrano che la spesa per la prevenzione degli infortuni si traduce, in un’ottica a più lungo termine, in un risparmio per la stessa impresa, ma tale aspetto non viene solitamente preso in considerazione soprattutto dalle realtà di minori dimensioni.

Seconda ragione

Carenza di cultura delle regole e quindi anche di cultura della sicurezza e della prevenzione. La mentalità frequente nelle piccole realtà imprenditoriali (ribadiamolo non sempre e non dappertutto) è quella di considerare la valutazione dei rischi e la formazione in materia di sicurezza come un mero adempimento burocratico. Nei lavoratori spesso manca una percezione del rischio aderente alla realtà, ma anche gli stessi datori di lavoro non pretendono sempre dai propri dipendenti il rispetto pedissequo delle norme di sicurezza.

Terza ragione

Scarsa presenza nelle piccole imprese di quelle particolari figure aziendali costituite dai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) “effettivi”. Proprio nelle piccole realtà, infatti, c’è l’abitudine di nominare il RLS ad opera non dei lavoratori come prevede il D.Lgs. n. 81/2008 (all’art. 47, comma 3), ma da parte del datore di lavoro. Questo rischia di rendere inefficaci gli interessi specifici per cui è stata prevista tale figura.

Paradossalmente la figura del RLS diventa tanto più importante tanto più è piccola l’azienda, visto che la riunione periodica – in cui le persone coinvolte nella sicurezza si riuniscono e si confrontano sui fattori di rischio e sull’elaborazione del DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) –  avviene una volta l’anno solo nelle imprese da 15 dipendenti in su, in esecuzione diretta di una norma o in occasione di eventuali importanti variazioni delle condizioni di esposizione al rischio che hanno riflessi sulla sicurezza e la salute dei lavoratori.  Nelle realtà di dimensioni inferiori, la convocazione della riunione è rimessa alla “facoltà”(quindi alla buona volontà) proprio del RLS e questo aumenta i rischi.

Non dimentichiamo che questa figura aziendale è  praticamente il sensore interno di eventuali carenze degli apparati di prevenzione e sicurezza e a livello microeconomico un’ emanazione giuridica delle istituzioni preposte alla sorveglianza della sicurezza sul lavoro. Ancora una volta invece, l’obbligo viene interpretato più come un vulnus suscettibile di ostacolare la macchina operativa e organizzativa dell’impresa, che come elemento di prevenzione di incidenti che possono in definitiva costare assai caro in termini di incolumità fisica e danni economici. Alla lunga, è ormai dimostrato che i costi in termini di vite umane e di infortuni e le loro ripercussioni economiche sulle famiglie, l’impresa e lo stato, sono assai più alti di quelli che si sarebbero affrontati per la prevenzione.

Quarta ragione

Complessità del quadro normativo (costituito da 13 Titoli e 51 Allegati) che rende la normativa di difficile interpretazione ed applicazione soprattutto per le realtà più piccole che difficilmente dispongono di personale esperto e specializzato in grado di individuare, nel complesso corpus normativo, le norme riferibili alla propria realtà produttiva e di tradurne i precetti astratti in adempimenti pratici.

La semplificazione delle norme potrebbe apparire solo a prima vista come una soluzione, perché ogni semplificazione in materia di salute e sicurezza rischia di produrre anche una riduzione delle tutele, specie ove intervenga nella delicata quanto centrale attività di valutazione dei rischi. Per questo in dottrina si sono giustamente sollevate non poche critiche nei confronti di tali semplificazioni, soprattutto, ove prevedevano originariamente l’autocertificazione (possibilità che, non a caso, ha determinato l’apertura a carico dell’Italia di una procedura di infrazione della commissione europea) e laddove tutt’ora prevede (a seguito delle modifiche intervenute con il c.d. “Decreto del fare”, DL 69 del 21 giugno 2013, convertito con modificazioni nella Legge 9 agosto 2013, n. 98) il rischio di uno strisciante ritorno all’autocertificazione per le attività a basso rischio infortunistico.

Conclusione

Queste considerazioni sono tutt’altro che astratte se ricordiamo che nel solo primo bimestre del 2022, c’è stato un incremento degli infortuni di + 47,6% rispetto allo stesso periodo del 2022, cioè 121.994 contro 82.634 e +9,6% di morti, 114 contro 104. Sono cifre spaventose se vengono guardate in termini di media giornaliera. Per i decessi significa praticamente 2 morti al giorno con picchi addirittura superiori. Pensiamo che venerdì 15 aprile 2022 ci sono stati quattro morti in poche ore in tutta Italia. In quella giornata nera, è emersa l’estrema eterogeneità anagrafica delle vittime che andavano da 23 ai 60 anni.

Nel 2020, in piena emergenza Covid e lock-down, ci fu una netta riduzione degli infortuni rispetto al periodo antecedente allo scoppio della pandemia per la forte riduzione in presenza dei lavoratori e di alcune attività produttive. Nel 2022 i numeri, come detto, sono tornati prepotentemente a crescere per il ritorno a livelli di interscambio sociale e produttivo simili a quelli precedenti.

E’ quindi fondamentale che le crisi politiche economiche e sociali che negli ultimi anni si susseguono a ritmi sconcertanti, e con le quali sembra ci si debba abituare a convivere, non abbiano un impatto ulteriore sulle questioni legate alla sicurezza del lavoro e sugli investimenti necessari per la diffusione degli strumenti di prevenzione.

Fonti:

Life 81; repertoriosalute.it; Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro

https://life81.it/wp-content/uploads/2022/05/Crisi-e-sicurezza-sul-lavoro.jpg 1357 1920 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812022-05-13 13:28:092022-05-17 14:07:43LA SICUREZZA SUL LAVORO IN EPOCA DI CRISI COSTANTI

Puntosicuro.it-Il datore di lavoro deve verificare adeguatezza e completezza del DVR

Dicembre 12, 2019/0 Commenti/in Formazione, Legislazione Sicurezza, Prevenzione, Puntosicuro, Rischio, RSPP /da Life 81
Fonnte Articolo : Puntosicuro.it
Autore: Anna Guardavilla
Categoria: Sentenze commentate

12/12/2019: Il “passivo affidamento al DVR” elaborato da terzi non libera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne la completezza “onde poter segnalare al professionista le necessarie integrazioni”: le sentenze di Cassazione Penale.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pronunciandosi sul caso Thyssenkrupp (Cassazione Penale, Sez.Un., 18 settembre 2014 n.38343), hanno chiarito che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, quale “peculiare figura istituzionale del sistema prevenzionistico […], insieme al medico competente, svolge un importante ruolo di collaborazione con il datore di lavoro”.

 

In particolare, l’RSPP “svolge una delicata funzione di supporto informativo, valutativo e programmatico ma è priva di autonomia decisionale: essa, tuttavia coopera in un contesto che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze. In breve, un lavoro in équipe.”

 

In tal senso, il ruolo svolto dai componenti del SPP “è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro. La loro attività può ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell’evento illecito. Si pensi al caso del SPP che manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da competenze specialistiche.”

 

Diversamente, si “rischierebbe di far gravare sul datore di lavoro una responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza tecnico-scientifica.”

 

Così premessa e definita l’area di competenza dell’RSPP in relazione a quello che la giurisprudenza identifica ripetutamente come il perimetro delle “competenze specialistiche” attribuite dalla legge a tale soggetto, la Suprema Corte ( Cassazione Penale, Sez.IV, 23 gennaio 2017 n.3313) non manca dall’altra parte di sottolineare che, come noto, “il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art.28 del D.Lgs.n.81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori”.

Una sentenza dell’anno scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 20 luglio 2018 n.34311) poi, ricorda che “il contenuto di tale documento è chiaramente definito dall’art.2 lett.q) del citato d.lgs., laddove parla di “valutazione globale di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestando la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza”.”

 

E aggiunge un elemento essenziale ai fini della concreta ricostruzione delle prerogative del datore di lavoro e dell’RSPP in relazione al DVR.

 

La Cassazione precisa infatti in tale pronuncia che, se da un lato “per la redazione di tale documento, fondamentale per lo svolgimento in sicurezza della vita lavorativa all’interno di ogni azienda, il datore di lavoro può avvalersi della collaborazione di un professionista, prevedendo la legge la consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione”, tuttavia l’ausilio che tale soggetto presta  per la “redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez.4, n.27295 del 2/11/2016, Rv.270355), con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni (Sez.4, n.22147 del 11/2/2016, Rv.266859).”

 

Nel caso di specie trattato dalla pronuncia, in cui erano presenti “carenze evidenti del DVR”, la Corte sottolinea che dato il “carattere non delegabile dell’obbligo di valutazione dei rischi inerenti l’attività aziendale gravante sul G.G. [datore di lavoro, n.d.r.], i giudici di appello hanno ritenuto, con motivazione corretta in diritto ed immune da censure, che la collaborazione prestata dal responsabile del servizio di protezione e prevenzione nello svolgimento di tale attività e nell’individuazione delle misure atte a fronteggiare i rischi presenti in azienda, non esimeva il datore di lavoro dal sottoporre il documento redatto dal professionista ad una approfondita analisi critica e verifica circa la concreta individuazione e indicazione della evidenziata situazione di palese rischio e delle misure precauzionali atte a fronteggiarlo. […]

Di qui la colposa condotta omissiva del datore di lavoro, il quale, a fronte di un DVR così inidoneo a consentire in sicurezza il lavoro cui era addetto il C.P. [lavoratore, n.d.r.], non ha svolto alcun doveroso controllo sul contenuto del documento, imponendone al professionista incaricato le necessarie integrazioni.”

 

In una pronuncia di qualche anno fa ( Cassazione Penale, Sez.IV, 26 maggio 2016 n.22147), “la ricorrente [datrice di lavoro, n.d.r.], proprio al fine di valutare correttamente la presenza di rischi, è ricorsa all’ausilio di una società accreditata …, la P. s.r.l., che ha sviluppato il documento, ricorrendo, quindi, ai fini dell’esonero da responsabilità, il principio dell’affidamento nell’altrui condotta.”

 

Tuttavia – precisa la Corte in ordine all’applicazione di tale principio al caso specifico – “la censura, sebbene condivisibile in diritto, non coglie nel segno avendo la Corte del merito collegato, in riferimento a quello specifico rischio, come ampiamente illustrato, la condotta della ricorrente alla causazione dell’evento.”

 

In particolare, per quanto riguarda il “dedotto principio dell’affidamento, quale esonero da responsabilità, la ricorrente dimentica che il datore di lavoro è l’unico destinatario degli obblighi prevenzionali e, quand’anche abbia delegato [commissionato, n.d.r.] ad altri la stesura del documento di valutazione dei rischi, non di meno è tenuto, nel momento della sua attuazione, a verificarne la completezza e l’efficacia, adempimento che la M.A. [datrice di lavoro, n.d.r.] non ha svolto, attesa l’evidente inadeguatezza del documento, come prima evidenziato.”

 

Il principio per cui il datore di lavoro è tenuto a verificare il contenuto del documento di valutazione dei rischi è risalente nel tempo.

 

A titolo di esempio, possiamo richiamare alla memoria una importante sentenza di quasi dieci anni fa ( Cassazione Penale, Sez.IV, 4 febbraio 2010 n.4917) che affronta tale questione in relazione al tema delle informazioni (un tema – quello delle informazioni – rispetto al quale, per una analisi giurisprudenziale più aggiornata, si veda anche il contributo “Le informazioni che l’RSPP deve acquisire “di sua iniziativa” per la VR”, pubblicato su Puntosicuro del 23 marzo 2017 n.3976).

 

Tale pronuncia aveva affermato il principio secondo cui, nel caso specifico, “il Datore di lavoro avrebbe dovuto controllare la relazione predisposta dall’ing. Pa. [RSPP] onde poter segnalare al detto professionista quelle attività del ciclo produttivo eventualmente ignorate”.

 

Ricostruiamo molto sinteticamente la vicenda di cui si è occupata la Cassazione.

 

Con questa sentenza, la Corte aveva confermato la responsabilità di un datore di lavoro (ed escluso quella del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) per un infortunio occorso ad un lavoratore il quale, durante il turno di lavoro notturno (22,00-6,00), mentre era intento alle operazioni di pulizia all’interno di un silo contenente grano in fase di svuotamento era venutosi a trovarsi disteso sulla superficie granaria sulla quale si muoveva, e, non percependo il progressivo assorbimento del suo corpo all’interno della massa di grano, era rimasto poi completamento coperto dal grano decedendo per asfissia.

 

La Cassazione aveva precisato che “quanto alla posizione di garanzia del F. [datore di lavoro, n.d.r.] va innanzi tutto sottolineato che, per come accertato in sede di merito, l’ing. Pa. [RSPP, n.d.r.] era stato incaricato dell’individuazione dei fattori di rischio e dell’elaborazione delle misure di prevenzione e delle procedure di sicurezza.

Il detto professionista aveva predisposto una relazione nella quale però non era stata esaminata la specificità della mansione svolta dagli operai all’interno dei silos e pertanto aveva omesso ogni valutazione dei rischi collegabili alla stessa.”

 

A fronte della contestazione di tale omissione, “l’ing. Pa. [RSPP] aveva dichiarato di non essere a conoscenza di tale lavorazione: dunque, in assenza di informazioni rilevanti che avrebbero dovuto essere fornite da persone informate, “in primis” il datore di lavoro, l’ing. Pa. non aveva mai fatto riferimento, nella sua relazione, all’operazione di pulizia delle celle granarie.”

 

Pertanto “l’omessa previsione, da parte dell’ing. Pa., dei rischi correlati alle operazioni di pulizia all’interno delle celle granarie, è pienamente riconducibile al F. [datore di lavoro, n.d.r.] il quale era perfettamente a conoscenza delle caratteristiche del luogo, del tempo e delle più rilevanti circostanze concernenti lo svolgimento del lavoro di pulizia all’interno dei silos, cosi come puntualmente e dettagliatamente posto in evidenza dai giudici di seconda istanza.”

 

La Cassazione aveva concluso dunque che nel caso di specie “il Datore di lavoro avrebbe dovuto controllare la relazione predisposta dall’ing. Pa. [RSPP] onde poter segnalare al detto professionista quelle attività del ciclo produttivo eventualmente ignorate (come poi in concreto si è verificato) nella valutazione dell’attività aziendale ai fini della pianificazione dei rischi.”

Pertanto “l’omissione di tale controllo vale a concretizzare un evidente profilo di colpa.”

 

Concludiamo questa breve rassegna (condotta come sempre senza pretese di esaustività) illustrando sinteticamente una più recente sentenza (Cassazione Penale, Sez.IV, 12 giugno 2017 n.29062) con cui la Suprema Corte ha confermato la responsabilità di un datore di lavoro per il reato di lesioni personali colpose “ai danni del lavoratore S.R., dipendente della detta società con qualifica di operaio addetto ai servizi generali di stabilimento, e della contravvenzione di cui all’art.28, comma 2, lett.b), D.lgs.n.81/08 per aver adottato un documento di valutazione dei rischi carente in punto di individuazione delle misure di prevenzione e protezione correlate con le operazioni svolte con il carrello elevatore nel reparto oli.”

 

In particolare il lavoratore “doveva movimentare una cisterna utilizzata per trasportare l’olio esausto proveniente dal reparto di lavorazione e destinato al reparto trattamento oli” e “aveva quindi prelevato la cisterna, del peso di circa 900/1000 kg., mediante il carrello elevatore, utilizzando le forche del mezzo e bloccandole all’altezza di circa un metro da terra per consentire il travaso dalla cisterna all’altro serbatoio; per eseguire tale operazione si era quindi posizionato davanti alla cisterna e mentre si accingeva ad avvitare il tubo corrugato al rubinetto, la cisterna era caduta improvvisamente e lo aveva travolto procurandogli fratture alla gamba sinistra.”

 

Era stato “documentalmente provato che l’operazione che stava eseguendo il S.R. non era stata presa in considerazione al fine di valutare il rischio specifico”.

 

La sentenza specifica altresì che tale “rischio specifico e la previsione degli accorgimenti tecnici idonei a neutralizzarlo non erano stati considerati nel DVR, predisposto da un’azienda specializzata del settore, e ciò perché nei dieci anni precedenti non si era mai verificato alcun inconveniente o sinistro collegato a tale operazione di travaso.”

 

Peraltro “nella evidente consapevolezza della carenza del DVR, il datore di lavoro aveva organizzato un corso di formazione “fast training”, cui il S.R. aveva partecipato, risultato però in concreto inadeguato.”

 

Rispetto al tema che ci occupa, la Cassazione conferma l’impostazione della Corte d’Appello, la quale “reputava sussistente il profilo psicologico della condotta, non potendo l’imputato essere scagionato né per le sue specifiche qualità e cariche sociali, né per il passivo affidamento al DVR elaborato da un’impresa terza, la quale aveva comunque evidenziato come “remoto” il rischio oggettivo di investimento per scivolamento della cisterna dai supporti del carrello elevatore ed aveva predisposto misure preventive palesemente inadeguate.”

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

https://life81.it/wp-content/uploads/2019/05/Blog-in-sicurezza-al-lavoro-3.png.jpg 1280 1920 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-12-12 09:54:142019-12-13 11:06:19Puntosicuro.it-Il datore di lavoro deve verificare adeguatezza e completezza del DVR

Guida al GDPR: i diritti degli interessati

Ottobre 30, 2019/0 Commenti/in GDPR, Prevenzione, Puntosicuro, Rischio /da Life 81

Fonte: Puntosicuro

Autore: Redazione

MODALITÀ PER L‘ESERCIZIO DEI DIRITTI

Le modalità per l’esercizio di tutti i diritti da parte degli interessati sono stabilite, in via generale, negli artt. 11 e 12 del regolamento.

 

Cosa cambia? 

Il termine per la risposta all’interessato è, per tutti i diritti (compreso il diritto di accesso), 1 mese, estendibili fino a 3 mesi in casi di particolare complessità; il titolare deve comunque dare un riscontro all’interessato entro 1 mese dalla richiesta, anche in caso di diniego.

 

Spetta al titolare valutare la complessità del riscontro all’interessato e stabilire l’ammontare dell’eventuale contributo da chiedere all’interessato, ma soltanto se si tratta di richieste manifestamente infondate o eccessive (anche ripetitive) (art. 12.5), a differenza di quanto prevedono gli art. 9, comma 5, e 10, commi 7 e 8, del Codice, ovvero se sono chieste più “copie” dei dati personali nel caso del diritto di accesso (art. 15, paragrafo 3); in quest’ultimo caso il titolare deve tenere conto dei costi amministrativi sostenuti. Il riscontro all’interessato di regola deve avvenire in forma scritta anche attraverso strumenti elettronici che ne favoriscano l’accessibilità; può essere dato oralmente solo se così richiede l’interessato stesso (art. 12, paragrafo 1; si veda anche art. 15, paragrafo 3).

 

La risposta fornita all’interessato non deve essere solo “intelligibile”, ma anche concisa, trasparente e facilmente accessibile, oltre a utilizzare un linguaggio semplice e chiaro.

 

Cosa non cambia? 

Il titolare del trattamento deve agevolare l’esercizio dei diritti da parte dell’interessato, adottando ogni misura (tecnica e organizzativa) a ciò idonea. Benché sia il solo titolare a dover dare riscontro in caso di esercizio dei diritti (artt. 15-22), il responsabile è tenuto a collaborare con il titolare ai fini dell’esercizio dei diritti degli interessati (art. 28, paragrafo 3, lettera e) ).

 

L’esercizio dei diritti è, in linea di principio, gratuito per l’interessato, ma possono esservi eccezioni (si veda il paragrafo “Cosa cambia”). Il titolare ha il diritto di chiedere informazioni necessarie a identificare l’interessato, e quest’ultimo ha il dovere di fornirle, secondo modalità idonee (si vedano, in particolare, art. 11, paragrafo 2 e art. 12, paragrafo 6).

 

Sono ammesse deroghe ai diritti riconosciuti dal regolamento, ma solo sul fondamento di disposizioni normative nazionali, ai sensi dell’articolo 23 nonché di altri articoli relativi ad ambiti specifici (si vedano, in particolare, art. 17, paragrafo 3, per quanto riguarda il diritto alla cancellazione/”oblio”, art. 83 – trattamenti di natura giornalistica e art. 89 – trattamenti per finalità di ricerca scientifica o storica o di statistica).

 

Raccomandazioni 

E’ opportuno che i titolari di trattamento adottino le misure tecniche e organizzative eventualmente necessarie per favorire l’esercizio dei diritti e il riscontro alle richieste presentate dagli interessati, che – a differenza di quanto attualmente previsto – dovrà avere per impostazione predefinita forma scritta (anche elettronica). Potranno risultare utili le indicazioni fornite dal Garante nel corso degli anni con riguardo all’intelligibilità del riscontro fornito agli interessati e alla completezza del riscontro stesso [si vedano varie decisioni relative a ricorsi contenute nel Bollettino dell’Autorità pubblicato qui:  doc. web n. 766652, e più recentemente, fra molti,  doc. web n. 1449401 in materia di dati sanitari, ovvero  doc. web n. 1290018 in materia di dati telematici].

 

Quanto alla definizione eventuale di un contributo spese da parte degli interessati, che il regolamento rimette al titolare del trattamento, l’Autorità intende valutare l’opportunità di definire linee-guida specifiche (anche sul fondamento delle determinazioni assunte sul punto nel corso degli anni: si veda in particolare la  Deliberazione n. 14 del 23 dicembre 2004), di concerto con le altre autorità Ue, alla luce di quanto prevede l’Art. 70 del regolamento con riguardo ai compiti del Boar

 

DIRITTO DI ACCESSO (ART. 15) 

Cosa cambia? 

Il diritto di accesso prevede in ogni caso il diritto di ricevere una copia dei dati personali oggetto di trattamento.

 

Fra le informazioni che il titolare deve fornire non rientrano le “modalità” del trattamento, mentre occorre indicare il periodo di conservazione previsto o, se non è possibile, i criteri utilizzati per definire tale periodo, nonché le garanzie applicate in caso di trasferimento dei dati verso Paesi terzi.

 

Raccomandazioni 

Oltre al rispetto delle prescrizioni relative alla modalità di esercizio di questo e degli altri diritti (si veda “Modalità per l’esercizio dei diritti”), i titolari possono consentire agli interessati di consultare direttamente, da remoto e in modo sicuro, i propri dati personali (si veda considerando 68).

 

DIRITTO DI CANCELLAZIONE (DIRITTO ALL’OBLIO) (ART.17) 

Cosa cambia? 

Il diritto cosiddetto “all’oblio” si configura come un diritto alla cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. Si prevede, infatti, l’obbligo per i titolari (se hanno “reso pubblici” i dati personali dell’interessato: ad esempio, pubblicandoli su un sito web) di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione” (si veda art. 17, paragrafo 2).

 

Ha un campo di applicazione più esteso di quello di cui all’art. 7, comma 3, lettera b), del Codice, poiché l’interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati, per esempio, anche dopo revoca del consenso al trattamento (si veda art. 17, paragrafo 1).

 

DIRITTO DI LIMITAZIONE DEL TRATTAMENTO (ART. 18) 

Cosa cambia? 

Si tratta di un diritto diverso e più esteso rispetto al “blocco” del trattamento di cui all’art. 7, comma 3, lettera a), del Codice: in particolare, è esercitabile non solo in caso di violazione dei presupposti di liceità del trattamento (quale alternativa alla cancellazione dei dati stessi), bensì  anche se l’interessato chiede la rettifica dei dati (in attesa di tale rettifica da parte del titolare) o si oppone al loro trattamento ai sensi dell’art. 21 del regolamento (in attesa della valutazione da parte del titolare).

 

Esclusa la conservazione, ogni altro trattamento del dato di cui si chiede la limitazione è vietato a meno che ricorrano determinate circostanze (consenso dell’interessato, accertamento diritti in sede giudiziaria, tutela diritti di altra persona fisica o giuridica, interesse pubblico rilevante).

 

Raccomandazioni 

Il diritto alla limitazione prevede che il dato personale sia “contrassegnato” in attesa di determinazioni ulteriori; pertanto, è opportuno che i titolari prevedano nei propri sistemi informativi (elettronici o meno) misure idonee a tale scopo.

 

DIRITTO ALLA PORTABILITÀ DEI DATI (ART. 20) 

Cosa cambia? 

Si tratta di uno dei nuovi diritti previsti dal regolamento, anche se non è del tutto sconosciuto ai consumatori (si pensi alla portabilità del numero telefonico).

 

Non si applica ai trattamenti non automatizzati (quindi non si applica agli archivi o registri cartacei) e sono previste specifiche condizioni per il suo esercizio; in particolare, sono portabili solo i dati trattati con il consenso dell’interessato o sulla base di un contratto stipulato con l’interessato (quindi non si applica ai dati il cui trattamento si fonda sull’interesse pubblico o sull’interesse legittimo del titolare, per esempio), e solo i dati che siano stati “forniti” dall’interessato al titolare (si veda il considerando 68 per maggiori dettagli).

 

Inoltre, il titolare deve essere in grado di trasferire direttamente i dati portabili a un altro titolare indicato dall’interessato, se tecnicamente possibile.

 

Raccomandazioni 

Il Gruppo “Articolo 29” ha pubblicato recentemente linee-guida specifiche dove sono illustrati e spiegati i requisiti e le caratteristiche del diritto alla portabilità con particolare riguardo ai diritti di terzi interessati i cui dati siano potenzialmente compresi fra quelli “relativi all’interessato” di cui quest’ultimo chiede la portabilità (versione italiana con le relative FAQ disponibile qui:  www.garanteprivacy.it/regolamentoue/portabilita).

 

Al riguardo, si ricordano i numerosi provvedimenti con cui l’Autorità ha indicato criteri per il bilanciamento fra i diritti e le libertà fondamentali di terzi e quelli degli interessati esercitanti i diritti di cui all’ art. 7 del Codice (si vedano, fra molti,  doc. web n. 3251012 e, con riguardo all’attività bancaria in generale,  doc. web n. 1457247).

 

Poiché la trasmissione dei dati da un titolare all’altro prevede che si utilizzino formati interoperabili, i titolari che ricadono nel campo di applicazione di questo diritto dovrebbero adottare sin da ora le misure necessarie a produrre i dati richiesti in un formato interoperabile secondo le indicazioni fornite nel considerando 68 e nelle linee-guida del Gruppo “Articolo 29”.

 

 

Fonte: Garanteprivacy

https://life81.it/wp-content/uploads/2019/03/Servizi-life81-bis.jpg 1325 1920 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-10-30 11:03:082019-10-30 11:03:08Guida al GDPR: i diritti degli interessati

Campagna Eu-Osha 2018-2019, consegnati a Matera i riconoscimenti alle migliori Buone Pratiche

Ottobre 30, 2019/0 Commenti/in Inail, Prevenzione, Salute e Sicurezza /da Life 81

Fonte: INAIL

Si è conclusa nella capitale europea della cultura 2019 la campagna biennale promossa dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro di Bilbao, di cui l’Inail è Focal point nazionale, con la consegna dei riconoscimenti agli esempi virtuosi di riduzione dei rischi da sostanze pericolose. Nel triennio 2020-2022 l’attenzione si focalizzerà sui disturbi muscolo-scheletrici

Campagna Eu-Osha 2018-2019

MATERA – L’adozione di competenze di tipo non tecnico per una sicurezza attiva e partecipata dei lavoratori negli impianti chimici; la creazione di brevi video animati di 30 secondi su salute e sicurezza proiettati direttamente sui touchscreen delle macchinette del caffè; un progetto di peer safety education, l’educazione tra pari per coinvolgere a cascata studenti dalle superiori alle scuole dell’infanzia.

Dalla segnalazione di allarmi con smartphone all’agricoltura di precisione, le migliori Buone Pratiche. E ancora, un’anagrafica accurata dei prodotti chimici in entrata negli stabilimenti; la caratterizzazione dell’esposizione ad agenti chimici presenti nei vapori dei fanghi di perforazione; un percorso di formazione esperienziale complessiva con animazioni, foto e giochi di ruolo per l’uso in sicurezza di sostanze pericolose; la valutazione del rischio chimico nelle manifatture additive come i processi di stampa in 3D. Per finire, un progetto di monitoraggio e controllo in tempo reale della sicurezza lavorativa in ambito industriale con l’utilizzo di smartphone collegati a sensori di allarme e soccorso; lo studio di una possibile soluzione di sostituzione di elementi rischiosi come la formaldeide e le sostanze perfluoroalchiliche.

Un Premio per segnalare le Buone Pratiche contro i rischi delle sostanze pericolose. Sono questi i migliori esempi, presentati da enti, aziende e società che hanno partecipato al premio Buone Pratiche promosso all’interno della campagna europea 2018-2019 “Ambienti di lavoro sani e sicuri. Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di sostanze pericolose”, che hanno ricevuto un attestato di riconoscimento nel corso dell’evento di chiusura della campagna svoltosi a Matera, capitale europea della cultura 2019, giovedì 24 ottobre.

L’evento ha concluso la campagna Eu-Osha 2018-2019. La giornata nella città dei Sassi è stata la tappa finale della campagna, promossa dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro di concerto con un network tripartito nazionale rappresentato da Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero della Salute, Inail, Iss, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e Anmil. L’Istituto è Focal point nazionale e ha coordinato, attraverso la Direzione centrale prevenzione e con la collaborazione delle Direzioni regionali, la partecipazione di enti e istituzioni nel calendario articolato di eventi e momenti formativi. A supporto della campagna è stata costituita una rete di partner nazionali, formata da organismi pubblici, associazioni e imprese private, che hanno ricevuto anch’essi un attestato di riconoscimento per il loro contributo.

A Matera ricordato anche il 25esimo dell’Agenzia europea di Bilbao. A rimarcare l’importanza della campagna e dell’evento conclusivo, aperto dal saluto di Carmen Angiolillo, direttore regionale Inail Basilicata, è stata anche la presenza di Antonio Cammarota, della Direzione generale Occupazione, affari sociali e inclusione, sezione Osh, della Commissione Europea, e di Andrew Smith, capo dell’Unità comunicazione e promozione dell’Agenzia europea, che proprio quest’anno celebra il 25esimo anniversario della sua istituzione a Bilbao.

Rotoli: Impegno costante per diffondere la cultura della prevenzione nel lavoro che cambia. Ed è stato proprio con l’omaggio all’Agenzia per la ricorrenza del venticinquennale di fondazione e al suo ruolo propulsivo nelle politiche europee di prevenzione e salute dei lavoratori che è iniziato l’intervento del direttore centrale Prevenzione dell’Istituto, Ester Rotoli. Dopo aver sottolineato i tre valori guida della cooperazione, della partecipazione e della condivisione, e i principi che ispirano le azioni delle campagne europee, Rotoli si è soffermata sulle principali priorità della salute e sicurezza sul lavoro attraverso i cambiamenti che registra oggi il mondo del lavoro e della produzione. Salute e sicurezza che possono ricevere nuovi benefici da innovazioni tecnologiche come Oira, l’applicativo realizzato da Eu-Osha e messo a punto nel nostro Paese dall’Inail per supportare i datori di lavoro nella valutazione dei rischi, di cui, dopo aver completato il tool sugli uffici, è in corso di realizzazione quello dedicato alle vendite al dettaglio.

La campagna Eu-Osha in Italia. Il direttore Rotoli ha poi passato in rassegna l’intero percorso nazionale della campagna europea 2018-2019, partendo dalla sfida posta in essere dalla presenza delle sostanze pericolose in ambienti di lavoro a rischio come l’agricoltura, la metalmeccanica e il settore del legno, e ricordando le principali tappe che ne hanno scandito le attività. Come, ad esempio, l’indagine pilota svolta con Echa su come supportare gli utilizzatori delle schede di sicurezza, che ha coinvolto circa 1600 imprese di vari settori produttivi soggetti a rischio chimico, con un campione di 450 aziende a cui è stato somministrato via web un questionario a risposte chiuse.

Nel triennio 2020-2022 focus sui disturbi muscoloscheletrici. Infine, dopo aver ripercorso i temi delle campagne europee dagli inizi ad oggi, Rotoli ha ricordato che il prossimo triennio 2020-2022 sarà dedicato ai disturbi muscoloscheletrici. Un tema che ritorna dopo la prima campagna del 2000 e quella del 2007 a causa delle criticità riscontrate e ancora presenti e su cui sarà necessario proseguire nel lavoro comune di sensibilizzazione. Perché, ha concluso il direttore centrale Prevenzione citando il report pubblicato nel 2019 per il centenario dell’Ilo, “se tutti sono consapevoli dei cambiamenti, se tutti lavorano insieme per trovare soluzioni, c’è un futuro più luminoso nel nostro mondo del lavoro”.

https://life81.it/wp-content/uploads/2019/04/Sicurezza-lavoratori-life-81.jpg 1555 1920 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-10-30 10:54:172019-10-30 10:54:17Campagna Eu-Osha 2018-2019, consegnati a Matera i riconoscimenti alle migliori Buone Pratiche

Come proteggere i lavoratori vulnerabili dalle sostanze pericolose?

Ottobre 15, 2019/0 Commenti/in Prevenzione, Puntosicuro, Salute e Sicurezza /da Life 81

Pubblicato da Puntosicuro

Autore: Redazione
Categoria: Rischio chimico

11/10/2019: Una guida pratica sugli obblighi legali e sulle buone pratiche in relazione ai lavoratori vulnerabili che possono essere esposti a sostanze pericolose nell’ambiente di lavoro.

Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria ‘Marketing’

Alcuni gruppi di lavoratori sono più a rischio di altri quando sono esposti a sostanze pericolose. Ciò può essere dovuto al fatto che questi lavoratori sono inesperti, disinformati o fisicamente più vulnerabili. Altri motivi sono i frequenti cambi di occupazione, o il fatto di lavorare in settori in cui vi è una scarsa sensibilizzazione, o a causa di una maggiore o diversa sensibilità fisiologica.

 

Può rivelarsi utile la nuova scheda informativa dell’EU-OSHA sui lavoratori vulnerabili e sulle sostanze pericolose. Tale scheda spiega le responsabilità dei datori di lavoro, evidenzia quali gruppi di lavoratori sono particolarmente vulnerabili, come i giovani lavoratori, i migranti o le lavoratrici gestanti, e indica come tener conto delle loro esigenze attraverso la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione.

Scheda informativa: lavoratori vulnerabili e sostanze pericolose

Questa scheda informativa fornisce una guida pratica sugli obblighi legali e sulle buone pratiche in relazione ai lavoratori vulnerabili che possono essere esposti a sostanze pericolose nell’ambiente di lavoro. È importante che la valutazione dei rischi e le misure preventive tengano conto dei gruppi di lavoratori con esigenze specifiche o potenzialmente esposti a rischi particolari.

 

La scheda informativa riassume gli obblighi legali dei datori di lavoro e si rivolge a gruppi particolari, ossia lavoratori appena assunti o giovani, lavoratori migranti o a tempo determinato, lavoratori con problemi di salute, lavoratrici gestanti o in periodo di allattamento e lavoratrici. Cosa possono fare i datori di lavoro per garantire che questi gruppi di lavoratori siano protetti dai danni causati dall’esposizione a sostanze pericolose?

 

Punti chiave

-La valutazione del rischio sul posto di lavoro e le misure di prevenzione per sostanze pericolose deve rivolgersi a gruppi di lavoratori con esigenze specifiche e livelli di rischio più elevati.

– I rischi potrebbero essere maggiori perché questi lavoratori sono inesperti, disinformati o fisicamente più vulnerabile, perché cambiano spesso lavoro o lavorano in settori in cui la consapevolezza del problema è scarsa, o a causa di una maggiore o diversa sensibilità fisiologica (ad es. in giovani apprendisti o a causa delle differenze tra uomini e donne).

– I gruppi specifici che devono essere considerati sono i giovani lavoratori e quelli che sono nuovi al lavoro, lavoratori che si occupano delle manutenzioni, i lavoratori migranti, i lavoratori in subappalto, i lavoratori affetti da patologie, le donne in gravidanza e che allattano e i lavoratori nei settori dei servizi con un basso livello di consapevolezza, che sono spesso settori prevalentemente femminili.

– I lavoratori che svolgono lavori in diversi siti possono incontrare una varietà di sostanze pericolose. E’ necessario un approccio coordinato tra il responsabile del lavoratori e i gestori dei locali. E’ molto importante la comunicazione di informazioni rilevanti tra queste le parti, compresi gli stessi lavoratori.

– I datori di lavoro dovrebbero verificare la loro legislazione nazionale, cosi che possano conoscere i requisiti precisi in merito sicurezza e salute sul lavoro, i divieti sui tipi di lavoro, l’età in cui i bambini possono lavorare, le limitazioni e i requisiti di autorizzazione.

 

Leggi la scheda informativa (ENG, pdf)

 

 

Visita il  sito web della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri  

 

 

Ulteriori informazioni sui  gruppi di lavoratori a rischio  

 

 

Fonte: Eu-Osha

https://life81.it/wp-content/uploads/2019/03/caution-1491550.png 1704 1920 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-10-15 10:04:592019-10-15 10:04:59Come proteggere i lavoratori vulnerabili dalle sostanze pericolose?

Quali pericoli si incontrano durante l’attività manutentiva?

Settembre 12, 2019/0 Commenti/in Prevenzione, Puntosicuro, Rischio /da Life 81

Fonte/Autore: Redazione  Puntosicuro
Categoria: Manutenzioni e verifiche periodiche

12/09/2019: L’Inail fornisce utili informazioni sulla sicurezza nella manutenzione. I pericoli fisici, ergonomici, chimici, biologici e psicosociali per i manutentori. Esempi di rischi specifici a cui sono soggetti i lavoratori durante le operazioni di manutenzione.

Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria ‘Marketing’

Roma, 12 Set – Lo scopo delle attività di manutenzione è quello di mantenere e di preservare attrezzature, impianti e luoghi di lavoro in uno stato funzionale e il più possibile sicuro. E in questo senso la carenza di manutenzione o la presenza di manutenzioni inadeguate possono causare problemi sia per la sicurezza (infortuni) che per la salute.

 

Tuttavia benché una manutenzione regolare sia necessaria, bisogna evidenziare che anche la manutenzione è un’attività ad alto rischio. Ed infatti, come già riportato in altri articoli, “circa il 10-15% di tutti gli incidenti mortali e il 15-20% di tutti gli incidenti sul lavoro sono legati a operazioni di manutenzione”. E molte malattie professionali e “problemi di salute legati al lavoro (come l’asbestosi, il cancro, i problemi di udito e i disturbi muscoloscheletrici) sono anche più diffusi tra i lavoratori coinvolti nelle attività di manutenzione”.

 

Ad affermarlo e a raccontare nel dettaglio quali possano essere i pericoli che si incontrano durante l’attività manutentiva è il documento, prodotto dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT) dell’ Inail, dal titolo “ La manutenzione per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza nella manutenzione” e a cura di Giovanni Luca Amicucci, Maria Teresa Settino e Fabio Pera (DIT, Inail).

 

Gli argomenti trattati nell’articolo:

  • La manutenzione e i pericoli fisici ed ergonomici
  • I pericoli chimici, biologici e psicosociali
  • Rischi specifici delle attività di manutenzione

La manutenzione e i pericoli fisici ed ergonomici

Come abbiamo detto la manutenzione – un termine generico che può denominare attività molto diverse: ispezione, collaudo, misurazione, regolazione, riparazione, rilevamento guasti, sostituzione di parti, lubrificazione, pulizia… – è un’attività ad alto rischio e “deve essere eseguita in modo sicuro, con un’adeguata protezione, sia per gli addetti alla manutenzione che per le altre persone eventualmente presenti sul posto di lavoro”.

Per la varietà delle attività di manutenzione e dei lavoratori coinvolti (“lavoratori di tipo diverso: lavoratori edili, meccanici, elettricisti, ingegneri”, impiegati, …), anche i rischi a cui sono esposti i manutentori possono essere molto diversi.

 

Il documento si sofferma su alcuni pericoli più diffusi, a partire dai pericoli fisici:

  • gli addetti alla manutenzione “potrebbero essere esposti a rumore eccessivo durante il lavoro”. Il rumore “può essere causato da macchinari, attrezzature o veicoli. Ciò è particolarmente vero per coloro che sono coinvolti nella manutenzione di strade, gallerie, ponti, ferrovie, aerei, automobili, macchinari.
  • I lavoratori che svolgono attività di manutenzione potrebbero anche essere esposti a vibrazioni.
  • I manutentori in alcune industrie potrebbero essere esposti a condizioni ambientali scomode o estreme. Potrebbero essere esposti a temperature alte o basse, a umidità eccessiva, a scarsa ventilazione, a radiazioni UV, a fonti di calore radiante. I saldatori ad arco, ad esempio, sono esposti alla luce ultravioletta e visibile dell’arco elettrico, oltre che a fumi metallici”.

 

Gli autori si soffermano poi sui pericoli ergonomici ricordando che a volte il lavoro di manutenzione “richiede il sollevamento di carichi pesanti come parti di macchine, utensili e attrezzature”. E spesso le condizioni per questa attività non sono ideali: “le parti potrebbero non essere facilmente raggiungibili, l’ampiezza dell’accesso potrebbe essere ridotta o lo spazio per gli spostamenti potrebbe non essere sufficiente, i pavimenti potrebbero essere scivolosi o potrebbero esserci cavi, e alcuni lavori potrebbero dover essere eseguiti sotto l’altezza del ginocchio o sopra l’altezza delle spalle”.

Oltre a queste problematiche correlate al sollevamento dei carichi:

  • “I lavoratori che svolgono attività di manutenzione potrebbero essere esposti a movimenti ripetitivi quando non sono disponibili utensili elettrici (come nel caso di smontaggio manuale di molte viti) o gli strumenti a portata di non sono adeguati.
  • A volte i lavoratori potrebbero dover sorreggere strumenti o parti dell’installazione su cui stanno lavorando di peso non eccessivo, ma per un tempo sufficiente affinché il carico di lavoro statico sia in grado di procurare affaticamento muscolare locale.
  • Inoltre, gli operatori potrebbero doversi confrontare spesso con situazioni in cui è necessaria la forza per manipolare o sollevare parti di macchine, impianti e attrezzature”.

 

I pericoli chimici, biologici e psicosociali

Il documento si sofferma poi sui pericoli chimici, biologici e psicosociali.

 

Riguardo ai pericoli chimici si segnala che in alcuni settori, come l’industria chimica, l’edilizia e l’agricoltura, o in determinati lavori, “gli addetti alla manutenzione potrebbero essere esposti a rischi chimici. Sostanze chimiche potrebbero essere rilasciate nell’ambiente di lavoro dall’attività svolta e il lavoratore potrebbe entrare in contatto con esse (ad esempio: durante i lavori di manutenzione di edifici, strade, infrastrutture, piscine o macchinari, durante saldatura ad arco, durante lavori di manutenzione in officine, impianti di trattamento dei rifiuti, installazioni industriali dove sono presenti sostanze chimiche pericolose)”.

Altri elementi di cui tener conto riguardo a questa tipologia di rischi:

  • “Operazioni di manutenzione specifiche potrebbero comportare rischi associati alle fibre di amianto (le operazioni durante le quali i lavoratori potrebbero essere esposti all’amianto includono la demolizione di edifici, la rimozione di amianto negli edifici, la demolizione delle navi e la manutenzione di installazioni industriali e edifici in cui l’amianto è presente nella struttura).
  • L’esposizione a rischi chimici o amianto porta a problemi di salute diversi e talvolta gravi quali: asbestosi, malattie della pelle e malattie respiratorie”.

 

Si accenna brevemente poi ai settori in cui i manutentori possono essere esposti a pericoli biologici. I settori includono, ad esempio, “la produzione alimentare, l’agricoltura, l’assistenza sanitaria, la pratica veterinaria, il trattamento delle acque reflue e il trattamento dei rifiuti solidi”.

 

Veniamo infine ai pericoli psicosociali.

Si indica che gli addetti alla manutenzione “potrebbero sperimentare stress dovuto all’attività manutentiva”.

E tale stress lavoro-correlato potrebbe essere causato “da una qualsiasi combinazione dei seguenti fattori:

  • Pressione temporale: durante i lavori di manutenzione, la produttività di un’organizzazione è spesso rallentata o sospesa e gli addetti alla manutenzione devono far fronte non solo al compito in corso, ma anche al senso di responsabilità per la necessità di riattivare quanto prima la produzione, riducendo il tempo di attesa degli altri lavoratori. Tale problema si aggrava quando le riduzioni di personale portano ad una diminuzione del numero di manutentori disponibili per far fronte alle emergenze.
  • Tecnologia complessa combinata con situazioni non di routine.
  • Problemi di comunicazione (ad esempio nei lavori con appaltatori o con diversi appaltatori nello stesso sito).
  • Lavori solitari e in isolamento.
  • Orari di lavoro irregolari (turni, lavoro durante il fine settimana, lavoro notturno o servizio a chiamata).
  • Conoscenze insufficienti (scarsa familiarità del lay-out dell’edificio, delle attrezzature che devono essere utilizzate, o delle attrezzature su cui si deve effettuare il lavoro di manutenzione).
  • Formazione insufficiente (scarsa conoscenza della modalità di esecuzione di determinate attività manutentive).

 

Rischi specifici delle attività di manutenzione

In conclusione il documento sottolinea che, oltre ai normali rischi associati a qualsiasi ambiente di lavoro, spesso durante le operazioni di manutenzione i lavoratori sono esposti ad alcuni rischi specifici.

 

Sono riportati alcuni esempi

  • “Ad esempio, quando si effettua manutenzione su di un macchinario che fa parte di una catena di produzione, può capitare, mentre è in corso l’esecuzione di un processo, di dover operare in stretto contatto con organi in movimento o parti sotto tensione. Durante il normale funzionamento dei macchinari sono il sistema automatico di sicurezza e le misure di protezione che riducono solitamente la probabilità di un errore umano che possa portare a incidenti. Tuttavia, nelle condizioni in cui si trovano ad operare i lavoratori che eseguono la manutenzione, la probabilità che possa aversi un contatto diretto tra il lavoratore e gli organi in movimento o le parti sotto tensione non può essere ridotta più di tanto.
  • La manutenzione spesso comporta un lavoro insolito o attività non di routine e viene spesso eseguita in condizioni eccezionali, ad esempio lavorando in spazi ristretti.
  • Le operazioni di manutenzione potrebbero riguardare lo smontaggio e il rimontaggio, di attrezzature complesse: in situazioni simili il rischio di errore umano cresce e aumenta il pericolo di incidenti.
  • In caso di appalti per l’esecuzione di lavori di manutenzione, i lavoratori inviati ad eseguire interventi presso le società appaltanti si trovano spesso a dover cambiare attività lavorativa e ambiente di lavoro, e ciò ha come risultato un incremento del rischio di commettere errori che possano dar luogo ad incidenti. Inoltre, gli appalti multipli e i subappalti sono fattori aggravanti in termini di sicurezza e salute, infatti numerosi incidenti riguardano attività di manutenzione in appalto multiplo o subappalto.
  • In alcune realtà produttive i tempi per l’esecuzione della manutenzione devono essere necessariamente ridotti, in particolare quando sono coinvolti rallentamenti o arresti della produzione: in casi simili, le riparazioni ed il ripristino della produzione divengono attività ad alta priorità, ed i lavoratori si trovano a dover operare sotto la pressione del tempo”.
https://life81.it/wp-content/uploads/2019/05/primo-ingresso-cantiere-formazione.jpg 1279 1920 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-09-12 16:23:292019-09-12 16:25:17Quali pericoli si incontrano durante l’attività manutentiva?

Sistemi di segnalazione e allarme incendio

Maggio 7, 2019/0 Commenti/in Prevenzione, Prevenzione Incendi, Puntosicuro /da Life 81
Autore: Mario Abate
Categoria: Prevenzione incendi

07/05/2019: I sistemi di allarme vocale previsti dalla norma UNI 7240-19 sono impostati sulla pianificazione dell’emergenza e possono essere utilizzati per coordinare la stessa nelle fasi di preallarme e di esodo.

Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria ‘Marketing’

La norma UNI 7240-19 specifica i requisiti per la progettazione, l’installazione  la messa in servizio e la manutenzione dei sistemi di allarme vocale utilizzati in emergenza a protezione della vita umana.

 

Tale norma costituisce l’adozione nazionale, in lingua italiana, della norma internazionale ISO 7240-19 (edizione agosto 2007) e assume così lo status di norma nazionale italiana.

Un sistema di allarme vocale per scopi di emergenza (s.s.e.p. – sound system for emergency purposes) serve per avvisare, in modalità manuale o anche automatica, gli occupanti di un edificio o di un’area di un pericolo che può richiedere l’allerta o in definitiva l’evacuazione.

Pertanto un sistema di allarme vocale può funzionare collegato sia a un sistema di rivelazione e segnalazione allarme incendio oppure in diretta connessione con altri dispositivi di segnalazione delle emergenze.

 

Il sistema di allarme vocale consente l’evacuazione utilizzando impianti ad altoparlanti utili a trasmettere annunci sonori, segnali d’allarme e di evacuazione; nell’ambito d’attivazione di una procedura di emergenza consente la trasmissione d’informazioni, comprensibili dalle persone cui è destinato, inerenti le misure da adottare e le azioni da intraprendere in una area servita dagli altoparlanti di emergenza.

Il cuore del sistema di allarme è costituito dalle apparecchiature di controllo e segnalazione del sistema di allarme vocale (s.s.c.i.e. – sound system control and indicating equipment), che hanno le seguenti funzioni:

  • ricevere segnali d’allarme da uno o più sistemi di rivelazione delle emergenze;
  • ricevere messaggi audio da microfoni d’emergenza;
  • determinare le priorità dei segnali e delle vie di esodo;
  • trasmettere a zone protette da altoparlanti d’emergenza segnali acustici d’allarme;
  • supervisionare automaticamente il corretto funzionamento del sistema e fornire un allarme acustico e visivo in caso di guasti;
  • consentire controlli manuali e indicatori visivi di stato.

 

Il sistema di allarme vocale parte dall’impostazione di un piano di gestione dell’emergenza che sia comprensivo almeno dei seguenti parametri:

  • la destinazione d’uso dell’edificio o dell’attività;
  • il numero di presenze, la tipologia di occupazione degli occupanti;
  • il tempo necessario per evacuare;
  • la necessità di controllare l’evacuazione nelle aree dell’attività;
  • la necessità di attivare un segnale di allerta preventivamente al segnale di definitiva evacuazione;
  • l’eventuale opportunità di un’evacuazione per fasi;
  • la necessità di messaggi vocali e la loro specificazione;
  • il tipo di apparecchiature di controllo e segnalazione del sistema di allarme vocale;
  • la posizione delle apparecchiature;
  • le zone dove prevedere gli altoparlanti d’emergenza;
  • la possibilità di accedere al sistema di allarme vocale.

 

Quando viene attivato l’allarme, il sistema di allarme vocale deve disabilitare eventuali chiamate automatiche, musica, annunci e altre attività nelle aree dove l’emergenza si verifica. I messaggi di sicurezza devono essere brevi, non ambigui e precedentemente pianificati e approvati dal gestore (e, secondo la norma UNI 7240-19, anche dall’autorità competente). Possono essere escluse dalla copertura con idonea messaggistica solo le aree prive di presenza di persone.

Le apparecchiature di controllo e segnalazione del sistema di allarme vocale (s.s.c.i.e.) corrispondono a quattro categorie in funzione del grado di controllo manuale richiesto sul sistema, in funzione del livello di rischio, delle procedure adottate e del livello di competenza del personale che utilizza il sistema.

 

Categoria 1

L’apparecchiatura di categoria 1 non necessita di alcun intervento opzionale e presenta un funzionamento completamente automatico da orientare in conformità ad una definita procedura d’evacuazione. Il sistema di allarme vocale di categoria 1 è attivato e controllato soltanto dal sistema di rivelazione d’emergenza.

 

Categoria 2

Un sistema di allarme vocale di categoria 2 consente, oltre alle funzioni automatiche fornite dalla categoria 1, funzioni di trasmissione di messaggi dal vivo mediante almeno un microfono di trasmissione generale per messaggi d’emergenza ubicato in posizione idonea.

 

Categoria 3

In più rispetto alle prestazioni della categoria 2, un sistema di allarme vocale di categoria 3 consente la trasmissione di messaggi dal vivo in zone definite servite da altoparlanti d’emergenza o anche in gruppi di zone.

 

Categoria 4

Oltre alle caratteristiche della categoria 3, un sistema di allarme vocale di categoria 4 consente la selezione e l’invio di messaggi d’emergenza pre-memorizzati in zone di altoparlanti d’emergenza preselezionate o gruppi di zone. Si possono includere ed escludere messaggi e visualizzare il loro stato.

Per i sistemi di categoria 4 deve essere previsto un controllo dell’uscita dell’allarme manuale in una posizione di controllo dell’evacuazione (e anche in altra posizione di controllo a distanza se specificato dall’autorità competente) per consentire: l’inclusione o l’esclusione di eventuali zone di altoparlanti selezionate; la selezione di messaggi preregistrati; la eventuale trasmissione di messaggi dal vivo tramite il microfono.

In base alla norma UNI 7240-19 nelle situazioni in cui il piano di emergenza richieda un segnale di allerta preventivo, (per esempio dove è richiesta un’evacuazione assistita o diretta degli occupanti) e successivamente un segnale di evacuazione, il segnale di allerta deve precedere il segnale di evacuazione.

 

Il segnale di allerta deve essere emesso finché non viene attuato il comando manuale di evacuazione; se non interviene il comando manuale entro un tempo prestabilito, il sistema di allerta deve essere automaticamente sostituito da un segnale di evacuazione. Il tempo di allerta è funzione delle procedure di emergenza e comunque non è mai superiore a 10 minuti.

Il segnale di allerta può essere utilizzato per segnalare a personale competente la necessità di posizionarsi in punti predefiniti in attesa di indicazioni ulteriori o in attesa del comando di evacuazione definitiva.

 

Nelle attività in cui le procedure di emergenza prevedano un sistema di evacuazione non assistita oppure nelle attività in cui l’evacuazione debba essere prevista immediatamente in emergenza, il sistema di allarme vocale potrà generare direttamente il segnale di evacuazione senza essere preceduto dal segnale di allerta. Il segnale di evacuazione deve includere i messaggi vocali “emergenza” e “evacuare ora”.

 

Qualora le procedure di emergenza lo prevedano, l’attività protetta dal sistema di allarme vocale deve essere divisa in zone caratterizzate dalla presenza di altoparlanti d’emergenza montati permanentemente.

 

Gli altoparlanti devono essere conformi ai requisiti della EN 54-24; i contatti di alimentazione degli altoparlanti non devono essere rimovibili senza apposita attrezzatura. Nelle zone protette dagli altoparlanti i messaggi devono essere udibili e comprensibili in base ai parametri forniti dalla norma. Una singola zona del sistema di rivelazione incendio non deve contenere più di una zona del sistema di altoparlanti d’emergenza.

 

La norma regolamenta i livelli di pressione sonora del segnale emesso dagli altoparlanti anche con riferimento alle persone che dormono; si fa presente, fra l’altro, che dove è importante che gli occupanti non siano soggetti a stress provocato da forti rumori, come i pazienti nelle corsie degli ospedali, il livello di pressione sonora deve essere tale da fornire i necessari avvisi al personale minimizzando l’impatto emotivo sulle restanti persone presenti e in particolare sui pazienti.

 

Nelle aree caratterizzate da elevato livello di rumore ambientale, il sistema di allarme vocale deve essere affiancato da un sistema di dispositivi d’allarme visuali o da altri dispositivi per consentire la percezione del pericolo agli occupanti. Parimenti dovranno essere previsti dispositivi d’allarme visuali nelle aree in cui il livello di rumore ambientale di fondo è superiore a 95 dBA, in aree dove devono essere indossati dispositivi di protezione per l’udito o dove potrebbero esservi presenti persone non udenti.

 

Il sistema di allarme vocale deve essere attivato da un sistema di rivelazione d’emergenza o manualmente tramite idoneo pulsante di attivazione. Sempre in considerazione delle procedure di emergenza adottate, può essere previsto un ritardo prima che siano attivati i sistemi di allarme vocale. Il ritardo può essere introdotto, ad esempio, prima di attivare un segnale di allerta per consentire a un preposto di verificare un allarme; oppure fra il segnale di allerta e il successivo segnale d’evacuazione, per consentire a personale competente di raggiungere i punti stabiliti dal piano di emergenza dove potranno ricevere informazioni supplementari; ancora il ritardo potrebbe essere previsto prima del definitivo segnale di evacuazione per consentire di verificare un allarme.

 

La norma UNI 7240-19 stabilisce che i pannelli indicatori dell’apparecchiatura di controllo del sistema di allarme vocale e di segnalazione devono essere installati in posizioni caratterizzate dai seguenti requisiti:

  • l’area dove sono ubicate le apparecchiature di controllo dell’impianto non deve essere accessibile a persone non autorizzate e nello stesso tempo l’accesso ai sistemi di controllo dell’impianto e agli indicatori non deve poter essere interdetto;
  • il livello di rumore ambientale in prossimità del microfono non deve essere maggiore di 70 dBA;
  • il posizionamento delle apparecchiature dell’impianto non deve ostruire l’evacuazione dell’edificio;
  • devono essere sempre percepibili i segnali visuali in tutte le condizioni di illuminazione dell’ambiente;
  • i dispositivi di controllo e gli indicatori devono essere a una distanza dal pavimento non inferiore a 750 mm e non maggiore di 1.850 mm;
  • le apparecchiature di controllo devono essere collocate in un’area che presenti un basso rischio di danneggiamento;
  • dove è richiesto un funzionamento ad attivazione manuale, lo spazio di lavoro per il personale operativo deve essere disposto in modo da limitare la distrazione eventualmente provocata da altre installazioni in adiacenza;
  • L’area dove sono ubicate apparecchiature di controllo del sistema deve essere priva di sorgenti di innesco e di materiali combustibili immagazzinati. La norma non ritiene in tal senso idonee aree come sale quadri elettrici e locali di deposito.
  • Deve essere previsto un telefono, con accesso alla rete pubblica, nelle vicinanze.

 

L’alimentazione del sistema deve consentire il funzionamento dello stesso in modalità di allarme per un tempo determinato (secondo UNI 7240-19 dall’autorità competente) e comunque per un tempo non inferiore al doppio del tempo di evacuazione dell’attività.

 

Nel caso di mancanza della corrente di rete, deve essere prevista una sorgente di alimentazione d’emergenza, conforme ai requisiti dei regolamenti locali. In ogni caso la sorgente di alimentazione d’emergenza deve alimentare il sistema per 24 ore in condizione di riposo e per 30 minuti in condizione di allarme vocale. L’alimentazione d’emergenza, verificata dopo 24 ore di funzionamento in condizione di riposo e dopo l’arco di tempo necessario per evacuare i locali (che non deve mai essere minore di 30 minuti), non deve consentire diminuzione dell’intelligibilità del parlato o riduzione del segnale acustico d’allarme al di sotto di 6 dB rispetto al livello sonoro richiesto.

 

Le linee di trasmissione fra sistema di rivelazione e apparecchiatura, fra apparecchiatura e altoparlanti devono essere in grado di riscontrare e indicare eventuali malfunzionamenti. Tutte le linee del sistema devono essere indipendenti dai circuiti di illuminazione e di alimentazione elettrici.

 

I sistemi di cablaggio di seguito indicati, inclusi i cavi, le giunzioni, i terminali e i meccanismi di

fissaggio, devono essere progettati per resistere al fuoco per 30 minuti (o di classe maggiore come richiesto dai requisiti nazionali) e devono avere una protezione meccanica idonea al pericolo in base al luogo in cui sono installati:

  • sistemi di cablaggio che attraversano un compartimento antincendio per servire un altro compartimento antincendio;
  • sistemi di cablaggio che attraversano una zona di altoparlanti d’emergenza per servire un’altra zona di altoparlanti d’emergenza;
  • sistemi di cablaggio fra sistemi di rivelazione d’emergenza e sistema di allarme vocale, tranne dove le apparecchiature sono nello stesso locale e non sono separate da una distanza maggiore di 2 metri;
  • sistemi di cablaggio fra parti distribuite delle apparecchiature di controllo e segnalazione;
  • sistemi di cablaggio fra apparecchiature di controllo e apparecchiatura di alimentazione, tranne dove l’apparecchiatura è nello stesso locale e non è separata da una distanza non superiore a 2 metri

 

Eventuali condizioni di guasto del sistema di allarme vocale devono essere inviate al sistema di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio.

Il sistema fisso di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio collegato al sistema di allarme vocale deve avere mezzi di esclusione per consentire al sistema fisso di rivelazione di essere sottoposto a prova senza attivare il funzionamento del sistema di allarme vocale per emergenza.

 

La norma UNI 7240-19 inoltre dettaglia la modalità di progettazione di un sistema di allarme vocale; dovrà essere sempre prevista almeno seguente documentazione:

  • planimetria dell’edificio indicante la posizione delle apparecchiature di controllo, dell’apparecchiatura di alimentazione, dei sistemi di rivelazione collegati al sistema di allarme vocale, dei punti di controllo manuale, delle vie cavo del sistema di allarme vocale e dei punti collegati, degli altoparlanti, dei dispositivi d’allarme visuali, dei dispositivi d’allarme tattili;
  • un piano di gestione delle emergenze comprendente i vari tipi di emergenza, le valutazioni nel caso di modifiche al piano, la individuazione dei responsabili dell’accesso al sistema di allarme vocale, compreso chi può escludere parti del sistema, effettuare prove di routine, interventi di manutenzione, nonché apportare modifiche;
  • le misure da adottare nel caso in cui sia necessaria l’evacuazione durante la manutenzione del sistema;
  • i manuali di funzionamento del sistema di allarme vocale, inclusa la documentazione dell’apparecchiatura;
  • l’elenco dei componenti;
  • i requisiti di manutenzione;
  • le istruzioni per il funzionamento del sistema.

 

Mario Abate

Dirigente vicario – Comando VVF Milano

https://life81.it/wp-content/uploads/2019/02/Antincendio-Corso-Life-81-2.html.jpg 3840 5760 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-05-07 09:51:082019-05-07 09:51:38Sistemi di segnalazione e allarme incendio

Valutazione dei rischi: che approccio metodologico utilizzare?

Maggio 7, 2019/0 Commenti/in Prevenzione, Puntosicuro, Rischio /da Life 81
Autore: Redazione
Categoria: Valutazione dei rischi

07/05/2019: Il processo di valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro. Focus sugli obiettivi della valutazione e sugli operatori da coinvolgere. L’approccio metodologico: dall’identificazione dei pericoli alla valutazione del rischio residuo.

Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria ‘Marketing’

Viareggio, 7 Mag – Quando può essere necessario fare una valutazione dei rischi? Quale può essere un approccio metodologico corretto? Come affrontare la riduzione del rischio?

 

Ancora oggi, benché la valutazione sia un momento rilevante di ogni strategia di prevenzione di infortuni e malattie professionali, è bene ricordare alcuni punti di fermi del processo di valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro, al di là dei mutamenti normativi avvenuti in questi ultimi anni (ad esempio riguardo ai termini, scaduti nel 2013, per l’ autocertificazione   nelle piccole aziende fino a 10 lavoratori).

 

Proprio per riportare qualche utile indicazione per le aziende, riprendiamo la presentazione del documento “La valutazione del rischio”, a cura di Maria Rosaria Libone (Azienda USL 12 Viareggio, ora Azienda USL Toscana Nord Ovest), un documento che fornisce varie informazioni introduttive al processo di identificazione, valutazione e riduzione dei rischi.

 

Ci soffermeremo su:

  • La riduzione del rischio
  • Gli obiettivi della valutazione dei rischi
  • L’approccio metodologico per la valutazione
  • La riduzione e valutazione del rischio finale

La riduzione del rischio

Nel documento si segnala che la riduzione del rischio può avvenire mediante adozione di:

  • misure di prevenzione, dove la prevenzione è il “complesso delle misure e delle disposizioni volte ad annullare o ridurre la frequenza di accadimento di eventi dannosi (può essere individuale o collettiva)”;
  • misure di protezione, dove la protezione è il “complesso delle misure e delle disposizioni volte a ridurre la magnitudo di un evento dannoso (può essere individuale o collettiva)”.

 

Si può poi avere:

  • prevenzione primaria: eliminare o ridurre i rischi alla fonte
  • prevenzione secondaria: contenere i rischi intervenendo sulle vie di propagazione o sull’ambiente (collettive)
  • prevenzione terziaria: contenere i rischi intervenendo sulla persona esposta.

 

Gli obiettivi della valutazione dei rischi

Dopo aver ricordato l’obbligatorietà della valutazione in tutti i luoghi di lavoro dove vi sia almeno un lavoratore, Maria Rosaria Libone chiarisce quando è necessario fare la valutazione dei rischi e i suoi obiettivi.

 

Questi gli obiettivi della valutazione dei rischi:

  • “Identificare nel modo più completo fonti di rischio
  • Eliminarne alcune
  • Valutare rischio residuo
  • Attuare misure correttive per eliminare o ridurre il rischio
  • Stabilire priorità delle azioni
  • Dimostrare a organi di controllo e lavoratori che le misure attuate sono sufficienti a salvaguardare integrità lavoratori”.

E al processo di valutazione deve concorrere:

  • “Il datore di lavoro che deve, comunque, dare l’avvallo
  • Linea aziendale rappresentata da dirigenti e preposti (depositari di conoscenze e titolari di obblighi);
  • Personale con competenze tecniche specialistiche (eventualmente per settore) coinvolgendo le funzioni tecniche della azienda (come supporto);
  • Servizio di prevenzione (RSPP, MC);
  • RLS (punto di riferimento e collettore di conoscenze dei lavoratori)”.

 

L’approccio metodologico per la valutazione

Dopo aver parlato di analisi dei rischi e di pianificazione della valutazione, nel documento viene anche presentato un approccio metodologico che viene riassunto in una slide:

 

 

Si ricorda che il processo gestionale di valutazione del rischio può essere suddiviso in varie fasi:

  • “pianificazione della valutazione in collaborazione con il personale;
  • identificazione dei rischi;
  • individuazione delle persone a rischio, delle possibili situazioni di rischio e dei luoghi;
  • valutazione del livello di rischio e decisione in merito all’adozione di misure preventive;
  • adozione di misure preventive volte all’eliminazione o alla riduzione dei rischi;
  • controllo e adeguamento delle misure adottate”.

 

E per identificare i rischi:

  • “Esaminare l’attività svolta
  • Esaminare le macchine, i materiali, le attrezzature e le sostanze chimiche utilizzate
  • Valutare le condizioni di lavoro quanto a tutte le situazioni potenzialmente pericolose, tenendo conto che anche i visitatori possono essere vittime degli stessi rischi che minacciano il personale”.

Questi i “possibili approcci all’identificazione dei rischi:

  • “Esame per aree logistiche (es. officina meccanica, falegnameria, magazzino, uffici…);
  • Esame per genere di rischio (es. meccanico, fisico, chimico, biologico, organizzativo);
  • Esame in base alle funzioni del personale (es. operativo, amministrativo,…);
  • Esame in base all’organizzazione aziendale (es. turni, pianificazione del lavoro);
  • Analisi degli incidenti verificatisi in passato (es. consultazione registro infortuni, audit…) per identificare i problemi;
  • Indagine tra il personale e le persone interessate”.

 

Dopo aver individuato le persone a rischio (“considerare tutti coloro che possono essere vittime di incidenti. Non solo il personale fisso, ma anche il personale a contratto, i dipendenti di cooperative, i visitatori) è necessario “valutare il livello del rischio:

  • Valutare le probabilità che il rischio sfoci in incidente reale e la gravità dei danni potenziali.
  • Esaminare le misure attualmente in atto e la loro adeguatezza”.

E riguardo all’individuazione di rischi bisogna chiedersi:

  • “È possibile rimuovere completamente la causa del pericolo?
  • È possibile ridurre o controllare il pericolo (es. sostituendo taluni elementi con altri meno pericolosi)?
  • È possibile prendere misure per proteggere tutto il personale interessato?
  • Sono necessarie attrezzature protettive per il personale quando le misure collettive non garantiscono una tutela sufficiente?”.

 

Rimandiamo alla lettura integrale del documento che riporta indicazioni anche sulla consultazione del personale e che ricorda quanto sia importante la decisione sull’intervento che “prevede di stabilire prima quale sia il livello di rischio accettabile in base al quale verranno giudicati prioritari gli interventi da attuare”.

 

La riduzione e valutazione del rischio finale

Riguardo alla parte seconda del procedimento indicato nell’approccio metodologico, si riportano indicazioni riguardo alla modalità di adottare misure:

  • “Dopo avere svolto la valutazione dei rischi, elencare le misure necessarie in ordine di priorità, quindi passare all’azione coinvolgendo nel processo i lavoratori ed i loro rappresentanti.
  • Affrontare i problemi alla radice è il metodo economicamente più efficace ai fini della gestione del rischio.
  • Gli interventi dovrebbero essere concordati con il personale o l’amministrazione tenuta alla fornitura e manutenzione degli immobili
  • Le soluzioni elaborate vanno attuate, monitorate e valutate con cura
  • Le informazioni desunte dall’indagine sulla valutazione del rischio devono essere condivise con le persone competenti”.

 

Riguardo poi al controllo e riesame si indica che:

  • “La valutazione dell’efficacia delle misure di controllo garantisce che i rischi sono stati adeguatamente ridotti, senza tuttavia creare nuove fonti di pericolo.
  • Quando avviene un cambiamento, assicurarsi che non ci siano nuovi pericoli da prendere in considerazione.
  • Ripetere la valutazione del rischio se necessario.
  • È importante eseguire una valutazione per individuare gli aspetti degli interventi attuati con successo o meno, per elaborare un sistema ottimale adatto”.

 

Si ricorda poi che possono essere necessarie specifiche valutazioni del rischio:

  • “Determinate mansioni lavorative possono creare rischi diversi che richiedono specifiche valutazioni.
  • La valutazione del rischio e la sua gestione non devono trascurare i pericoli per la salute e la sicurezza a cui sono esposti gruppi specifici del personale (es. …, personale esterno che deve eseguire lavori in appalto presso l’azienda)”.
https://life81.it/wp-content/uploads/2019/04/lifesaver-310250_640_edited.jpg 640 640 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-05-07 09:47:372019-05-07 09:47:37Valutazione dei rischi: che approccio metodologico utilizzare?

Ambienti sospetti d’inquinamento: la verifica della qualità dell’atmosfera

Aprile 11, 2019/0 Commenti/in Industria, Prevenzione, Puntosicuro /da Life 81
utore: Carmelo G. Catanoso
Categoria: Spazi confinati

11/04/2019: L’improvvisazione con cui si opera è la causa prima degli infortuni mortali negli ASIC. La verifica della qualità dell’atmosfera è un’attività indispensabile per garantire la tutela della salute e della sicurezza degli operatori.

Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria ‘Marketing’

Più di 30 vittime nei tragici fatti di Mineo, Molfetta, Sarroch, Alessandria, Riva Ligure, Capua, Adria, Maida, Messina e Milano.

Questo è il bilancio dei dieci eventi citati.

 

Le cause degli infortuni mortali negli ambienti confinati

Le previsioni del DPR n° 177/2011

La qualità dell’atmosfera in un ASIC

 

 

Le cause degli infortuni mortali negli ambienti confinati

Gli infortuni negli ambienti sospetti d’inquinamento o confinati (d’ora in poi solo ASIC), si caratterizzano per essere la prima causa di morte multipla sul lavoro.

 

Le cause di questi tragici eventi sono sempre da ricercare:

  • nel mancato rispetto delle norme di legge vigenti, previste dagli artt. 66 e 121 ed allegato IV, p. 3 del D. Lgs. n° 81/2008;
  • nel mancato rispetto delle procedure, istruzioni, ecc., per i lavori in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati, adottate da tempo un po’ in tutti i settori industriali e non;
  • nella percezione inadeguata del rischio esistente da parte degli addetti, perlopiù appartenenti a piccole e piccolissime imprese, quasi sempre collocate alla fine della catena del subappalto, incaricate di effettuare interventi di manutenzione, riparazione, ispezione, controllo, pulizia, ecc. in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati;
  • nella mancanza di informazioni pertinenti e adeguate al particolare contesto in cui il lavoro deve essere eseguito;
  • nella mancata organizzazione e pianificazione dell’attività che spesso sfocia in una vera e propria improvvisazione nell’esecuzione della stessa.

 

 

Nel pieno rispetto dell’italico approccio della legislazione emergenziale, a fine 2011, sotto la spinta emozionale derivante dagli ennesimi plurimi infortuni mortali avvenuti nei due anni precedenti, era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 8 novembre 2011 n° 260, il D.P.R. n° 177/2011 – Regolamento per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati.

L’efficacia di tale provvedimento è palesemente smentita dalle cronache che, oltre agli ultimi quattro eventi (Adria, Maida, Messina e Milano) con un totale 10 vittime, portano alla nostra attenzione il continuo stillicidio di singoli infortuni mortali all’interno degli ASIC.

 

Le previsioni del DPR n° 177/2011

Pur se il titolo rimanda alle “regole” per la qualificazione e selezione, va evidenziato che il legislatore ha anche ribadito, all’art. 3 del regolamento citato, la necessità dell’adozione di specifiche procedure essenziali per garantire l’esecuzione delle attività lavorative all’interno di ambienti sospetti d’inquinamento o confinati.

 

Innanzi tutto, prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative, tutti i lavoratori impiegati dall’impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attività, o i lavoratori autonomi, devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente riguardo:

  • le caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare;
  • tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro;
  • le misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività.
  • In merito alle modalità ed ai tempi per effettuare le attività informative, il regolamento richiede che ciò venga effettuato <<in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno>>.

 

Francamente, il nuovo parametro per la misura del tempo relativo all’informazione, e cioè il “giorno”, sembra piuttosto fuori luogo almeno per un paio di motivi.

 

Innanzi tutto, il tempo dedicato all’informazione e alla formazione si è sempre misurato in ore e non in giorni; poi, fissare a priori un tempo da dedicare all’attività informativa senza tenere conto della tipologia, della durata e della complessità del lavoro da eseguire all’interno di ambienti sospetti d’inquinamento o confinati, è quantomeno indice di approssimazione se non di scarsa conoscenza delle diverse realtà lavorative.

 

Infatti, se da una parte, un “giorno” da dedicare all’informazione preventiva da parte del datore di lavoro committente, è palesemente eccessivo per svolgere la sostituzione di un galleggiante all’interno di una vasca (lavoro che dura, al massimo, un’ora compresa la fase di preparazione e ripristino), dall’altra un “giorno” è palesemente insufficiente per eseguire lavori nell’ambito del “revamping” di parte degli impianti all’interno di una raffineria.

 

Il regolamento, inoltre, richiede al datore di lavoro committente d’individuare un proprio rappresentante, in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro (esperienza triennale e adeguatamente addestrato) e conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente.

 

Questa previsione scaturisce dalla constatazione che, nella maggior parte degli eventi mortali avvenuti in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati, ciò che è mancato è stata proprio l’attività d’interfacciamento e scambio d’informazioni sul posto di lavoro, tra l’azienda committente e l’impresa esecutrice. L’obbligo di individuare un referente del committente che costituisca un costante punto di riferimento per l’impresa esecutrice durante l’esecuzione dell’attività, pone le basi per contribuire a ridurre il rischio d’accadimento di questi eventi.

 

Il legislatore, infine, impone l’adozione e l’efficace attuazione, durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati di una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati, comprensiva dell’eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco.

 

A tal riguardo, va sottolineato che, da lungo tempo, le aziende attente alla sicurezza e tutela della salute dei propri collaboratori e del personale delle imprese appaltatrici operanti all’interno di ambienti sospetti d’inquinamento o confinati, hanno stabilito delle specifiche procedure per garantirne l’integrità psicofisica mediante l’adozione, tra l’altro, dei Permessi di Lavoro.

 

Se le imprese appaltatrici vengono “educate” dal datore di lavoro committente che impone loro il rispetto delle citate procedure, rimane sempre da risolvere il problema legato alla miriade di piccole e piccolissime imprese, spesso improvvisate ed impreparate, che hanno come riferimento dei committenti altrettanto impreparati ed il cui criterio di scelta nell’affidamento dei lavori è sempre quello del minor costo.

 

Per far fronte a questa situazione, la strada da seguire è sia quella dell’istituzione di un apposito albo delle imprese qualificate che quello di un incremento delle campagne di comunicazione mirata in modo da sensibilizzare entrambi gli attori perché non è certo solo quanto detto dal regolamento al comma 4 dell’art. 3 (perdita della qualificazione per operare, direttamente o indirettamente, nel settore degli ambienti sospetti d’inquinamento o confinati), che potrà costituire un deterrente all’improvvisazione.

 

Pur apprezzando l’iniziativa del legislatore, va segnalato che, così come strutturato, il regolamento facendo sempre riferimento ad un committente che è anche datore di lavoro, lascia fuori dal campo d’applicazione tutti le attività lavorative da svolgersi in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati dove i committenti non sono datori di lavoro ma privati cittadini. Inoltre, l’attenzione si è focalizzata sui rischi derivanti dalla presenza di gas asfissianti, esplosivi o dalla carenza di ossigeno, presenti in una serie di situazioni per così dire “tipiche” di alcuni settori industriali trascurando il fatto che, all’interno di uno spazio confinato, presente in contesti diversi da quelli sopra citati, possono esserci altre tipologie di rischi certamente non trascurabili come lo sprofondamento in una tramoggia, l’inghiottimento dentro un silo, ecc., tutti in grado di mettere a repentaglio la sicurezza degli addetti.

 

La qualità dell’atmosfera in un ASIC

Al fine di garantire l’accesso e la permanenza in sicurezza per l’esecuzione dei lavori all’interno di ASIC, è essenziale assicurarsi che l’atmosfera al suo interno non costituisca un pericolo per gli addetti.

Per chi è preposto alla gestione di tale attività, è fondamentale conoscere, tra l’altro, quali debbano essere i criteri da seguire per poter ritenere fruibile in sicurezza l’ASIC durante tutta le fasi di lavoro a partire dall’autorizzazione all’accesso.

Innanzi tutto, bisogna aver piena consapevolezza di quando sia necessario eseguire il controllo dell’atmosfera all’interno dell’ASIC.

Ciò deve essere previsto nella specifica procedura di sicurezza per eseguire i lavori; essa deve contenere le specifiche previsioni per effettuare il monitoraggio relativo alla “qualità” dell’atmosfera presente nell’ASIC.

 

La tabella del NIOSH, ancorché datata, fornisce un utile riferimento.

Il monitoraggio deve essere effettuato con la frequenza che si riterrà necessaria e prima che il lavoratore acceda in esso. I pericoli, in questi contesti, comprendono sia i casi in cui l’ossigeno è al di fuori dell’intervallo di accettabilità e cioè tra 19,5 e 23%, sia i casi in cui è possibile l’accumulo di sostanze esplosive o infiammabili e di sostanze pericolose.

 

Il datore di lavoro dell’impresa che deve eseguire il lavoro all’interno dell’ASIC, a prescindere da eventuali monitoraggi già effettuati come, ad esempio, da un incaricato del datore di lavoro committente, deve incaricare un suo rappresentante, in genere un preposto, in possesso di conoscenze, addestramento e formazione adeguata per eseguire e valutare i risultati del monitoraggio effettuato.

 

Il monitoraggio deve essere effettuato sia prima dell’accesso che durante la permanenza del o dei lavoratori all’interno dell’ASIC, in modo da garantire costantemente il mantenimento dei parametri di salubrità dell’aria secondo quanto previsto nella specifica procedura di sicurezza.

 

Ai fini di un campionamento rappresentativo si dovrà considerare anche la possibile presenza di atmosfere stratificate e di sacche di aria contaminata all’interno dell’ASIC. Pertanto, le modalità di scelta degli strumenti di misura dovranno tenere conto sia delle caratteristiche dell’ASIC che della natura del lavoro da svolgere in esso.

 

Consigliabile, comunque, un monitoraggio in continuo durante l’intero sviluppo dei lavori.

La scelta degli strumenti di misura da utilizzare va effettuata in funzione della tipologia delle sostanze da campionare (O2, H2S, CO, LEL (%), ecc.).

 

Gli strumenti utilizzati per il monitoraggio devono essere tarati e calibrati nonché sottoposti a specifica e periodica manutenzione secondo le specifiche del fabbricante.

 

Dal punto di vista strettamente operativo è consigliabile utilizzare un unico strumento in grado di rilevare O2, H2S, CO, LEL (%).

 

Spesso gli addetti ai lavori si domandano se per effettuare il monitoraggio, siano utilizzabili strumenti dotati di sensori che individuano sostanze diverse ma con proprietà simili.

 

La risposta non può che essere affermativa a condizione che chi esegue il monitoraggio ed il personale coinvolto nei lavori, sia in possesso di competenze adeguate in grado di fargli comprendere le specificità e le caratteristiche di risposta dello strumento ai fini di una corretta interpretazione dei risultati.

 

In altre parole, uno strumento per la misurazione del gas combustibile che usa il pentano come gas di taratura, misurerà altri gas combustibili come il metano con una caratteristica di risposta diversa.

 

In questo caso, l’effettiva concentrazione del metano sarà determinata applicando uno specifico fattore di correzione per la lettura dello strumento.

Nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una miscela sconosciuta di contaminanti atmosferici o di gas combustibili, i risultati dei test effettuati, dovranno essere analizzati da persona in possesso di adeguato addestramento e formazione.

 

Altra domanda frequente degli addetti ai lavori, è quella relativa ai casi in cui è necessario effettuare un monitoraggio continuo della qualità dell’atmosfera nell’ASIC.

 

In linea di massima, i casi sono tre:

  1. durante l’esecuzione di lavori a caldo in uno SC dove sono presenti o è probabile siano presenti, gas o vapori esplosivi o infiammabili;
  2. nel caso in cui l’atmosfera dello SC è stata “inertizzata” utilizzando specifici gas (azoto, in genere);
  3. quando espressamente previsto dal Permesso di Lavoro.

 

Quando si utilizzano sistemi di monitoraggio in continuo, nonostante la registrazione sia automatica, i risultati del monitoraggio devono essere diffusi periodicamente come previsto dal Permesso di Lavoro.

 

Questa scelta permetterà di informare il personale addetto riguardo le concentrazioni di inquinanti presenti e le loro fluttuazioni nel tempo, in modo da metterlo a conoscenza di eventuali situazioni pericolose che possono concretizzarsi. Ciò perché, pur avendo il sistema automatico di monitoraggio un segnalatore d’allarme, esso non è in grado di fornire un adeguato preavviso relativamente alle fluttuazioni/incrementi dei livelli atmosferici degli inquinanti oggetto del monitoraggio.

 

La frequenza di registrazione dei risultati dei monitoraggi deve essere determinata dalla procedura adottata per i lavori negli ASIC e deve essere basata sulla possibilità d’accumulo e sulle possibili oscillazioni del livello degli inquinanti potenzialmente presenti.

 

In conclusione, si ritiene utile rappresentare nelle tabelle seguenti un diagramma di flusso relativo al processo decisionale per autorizzare il personale ad entrare e ad eseguire lavori all’ interno di un ASIC.

 

Carmelo G. Catanoso
Ingegnere Consulente di Direzione

 

 

https://life81.it/wp-content/uploads/2019/04/Industria-controllo-salubrità-aria-life81.png 1000 1920 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-04-11 09:28:292019-04-11 09:28:29Ambienti sospetti d’inquinamento: la verifica della qualità dell’atmosfera

Il governo ha tagliato i fondi contro gli infortuni e per la sicurezza sul lavoro

Aprile 4, 2019/0 Commenti/in Inail, Legislazione Sicurezza, Prevenzione /da Life 81

Autore e fonte :https://www.ilpost.it/2019/04/03/taglio-fondi-sicurezza-lavoro/

Per fare uno sconto fiscale agli imprenditori sono stati ridotti gli incentivi a migliorare la sicurezza sul lavoro, mentre rischiano di essere tagliati i rimborsi in caso di infortunio.

La misura annunciata da Di Maio era già presente nella legge di bilancio approvata a dicembre, ma è entrata in vigore soltanto questa settimana. Il taglio di cui parla il leader del Movimento 5 Stelle riguarda i premi INAIL, un’imposta pagata in parte dal datore di lavoro e in parte dal lavoratore che serve a finanziare l’assicurazione per malattia professionale dei lavoratori e i rimborsi in caso di infortunio (è un sistema che funziona, in sostanza, come quello di una normale assicurazione). Il sistema delle tabelle dei premi INAIL è particolarmente complicato e ogni categoria professionale ha la sua variante: più un lavoro è rischioso, più i premi INAIL sono alti.

La revisione dei vecchi premi era attesa da molto tempo, sia dai sindacati che dalle imprese. La legge ha operato una revisione delle attività lavorative a cui si applicano i premi INAIL, eliminando quelle obsolete e aggiornandosi ai nuovi impieghi (introducendo per esempio la figura dei “rider” che si occupano di consegne a domicilio). La nuova legge prevede anche un aumento di cento milioni di euro delle tabelle compensative per i danni biologici subiti dai lavoratori.

La novità principale della revisione però è il taglio dell’importo che dovrà essere pagato dagli imprenditori. Il tasso medio del premio è passato infatti dal 26 per mille al 17 per mille, una riduzione di circa il 30 per cento. L’entità del taglio, ha spiegato l’INAIL, è stata fatta tenendo presenti «i dati relativi all’andamento infortunistico e tecnopatico nel triennio 2013-2015 e le retribuzioni soggette a contribuzione di competenza nello stesso periodo». Questo taglio resterà in vigore per tre anni; nel 2021 si procederà a un nuovo esame della situazione ed eventualmente a una nuova revisione. Il taglio costerà alle casse dell’INAIL circa 1,7 miliardi di euro nei suoi primi tre anni di applicazione.

Per ripianare questo buco nel bilancio dell’INAIL generato dal taglio delle tasse agli imprenditori, la legge di stabilità approvata lo scorso dicembre stabilisce esplicitamente, al comma 1.122, una serie di tagli ai fondi destinati a incentivare la prevenzione degli infortuni e agli sconti per chi migliorava la sicurezza nella propria azienda (che erano stati aumentati proprio nel 2018). Questi tagli ammontano a poco meno di 500 milioni di euro in tre anni.

Commentando la decisione del governo, Giovanni Luciano, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INAIL, ha ricordato che l’INAIL è attualmente in attivo di 1,7 miliardi di euro e che quindi «le risorse si possono trovare altrove nel bilancio. Invece, adesso, abbiamo il taglio degli incentivi e delle premialità per la prevenzione, e l’aumento risibile e parziale delle prestazioni a favore dei lavoratori». A proposito dell’aumento delle tabelle per i compensi per danni biologici, Luciano afferma: «Aumentare di 100 milioni di euro l’anno le tabelle del solo danno biologico in capitale a fronte di 1,5 miliardi in tre anni di taglio delle tariffe è un’operazione iniqua, soprattutto se, ripeto, questo taglio è addirittura compensato parzialmente dai fondi a favore della prevenzione».

La revisione è invece apprezzata dalle associazioni degli imprenditori e dalla Lega. Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon è stato uno dei principali autori e sostenitori della revisione e il primo a descriverne il funzionamento alla stampa.

La decisione di ridurre i fondi per la prevenzione degli infortuni arriva mentre gli ultimi dati relativi al 2017 e al 2018 mostrano per la prima volta in più di un decennio che la diminuzione delle morti e degli incidenti sul lavoro si è fermata. Secondo gli ultimi dati INAIL, pubblicati proprio questa settimana, nel primo bimestre del 2019 il totale degli infortuni è in leggero aumento (complessivamente per quanto riguarda il numero di infortuni sul lavoro, l’Italia fa meglio di Germania, Francia e Spagna, ma peggio di circa metà degli altri paesi europei).

La revisione del sistema sembra inoltre introdurre anche un altro effetto negativo per i lavoratori. Marco Ruffolo ha raccontato su Repubblica che in base all’interpretazione data ad un passaggio particolarmente complicato delle norme contenute nella legge di bilancio in una recente sentenza della Corte di Cassazione, i lavoratori non potranno più richiedere ai propri datori di lavoro tutti gli indennizzi non coperti dell’assicurazione INAIL (che rimborsa i danni biologici permanenti e quelli patrimoniali). Se in passato quindi il lavoratore infortunato, o i suoi parenti in caso di decesso, potevano chiedere al datore di lavoro i danni morali e quelli biologici temporanei, ora questa possibilità rischia di scomparire. Secondo i calcoli riportati nell’articolo, in alcuni casi questa interpretazione potrebbe portare a rimborsi quasi dimezzati per i lavoratori.

L’INAIL respinge questa interpretazione restrittiva della legge, ma ha affermato in un comunicato che se questa interpretazione dovesse affermarsi chiederà una revisione della legge in modo da tornare a una situazione vantaggiosa per il lavoratore.

https://life81.it/wp-content/uploads/2019/04/sicurezza-sul-lavoro-life-81-sito.jpg 1246 1920 Life 81 https://life81.it/wp-content/uploads/2021/12/LOGO-life-81-1920x-1080-300x158.jpg Life 812019-04-04 10:34:242019-04-04 10:34:52Il governo ha tagliato i fondi contro gli infortuni e per la sicurezza sul lavoro
Pagina 1 di 212

Pagine

  • Altri Servizi
  • Bad template Seo
  • Calendario addetto ai lavori di segnaletica stradale
  • Calendario addetto ai lavori in quota
  • Calendario addetto ai lavori ina ambienti e spazi confinati
  • Calendario addetto all’uso del carroponte
  • Calendario addetto alla conduzione di escavatori idraulici
  • Calendario addetto alla conduzione di trattori agricoli e forestali
  • Calendario addetto alla movimentazione manuale dei carichi
  • Calendario Addetto Antincendio
  • Calendario addetto conduzione di terne
  • Calendario addetto conduzione pale caricatrici
  • Calendario addetto movimentazione manuale dei carichi
  • Calendario Addetto primo Soccorso
  • Calendario Corsi per RSPP DL
  • Calendario Corsi Sicurezza cantieri
  • calendario corso addetto conduzione autogru
  • Calendario corso addetto uso carrelli industriali semoventi telescopici
  • Calendario corso di formazione per D.P.I. 3° CATEGORIA
  • Calendario corso di formazione per D.P.I. 3° Categoria
  • Calendario Formazione Lavoratori – Generale e Specifica
  • Calendario formazione per D.P.I. 3° Categoria
  • Calendario formazione per primo ingresso in cantiere
  • Calendario formazione su rischio stress da lavoro correlato
  • Calendario Mansioni Particolari e Alta Formazione
  • Calendario manutentore antincendio
  • Calendario Motoseghisti
  • Calendario Preposto
  • Calendario Sicurezza Attrezzature
  • Contact Form
  • Contact Form Corsi
  • Corsi addetti Attrezzature
  • Corsi addetti emergenze
  • Corsi di Formazione
  • Corsi di formazione lavoratori generale e specifica
  • Corsi per mansioni particolari e alta formazione
  • Corsi Sicurezza cantieri
  • Corsi Sicurezza Dirigenti e Rappresentanti dei lavoratori
  • Decreto Legislativo 81/2008
  • Foto e Video
  • Home
  • Life 81 site index
  • Mission
  • Modulo di Contatto
  • News
  • Privacy Policy
  • Protezione antincendio e Sicurezza Cantiere
  • Scheda Corso di formazione lavori in quota
  • Sicurezza cantieri
  • Template SEO
  • Valutazione dei Rischi

Categorie

  • Allevamento
  • Alta Formazione
  • Blog
  • Covid-19
  • Edilizia
  • Formazione
  • GDPR
  • Inail
  • Industria
  • Legislazione Sicurezza
  • Life 81
  • Logistica e Trasporti
  • Prevenzione
  • Prevenzione Incendi
  • Puntosicuro
  • Rischio
  • RSPP
  • Salute e Sicurezza
  • Sicurezza Cantieri
  • Uncategorized

Archivio

  • Maggio 2022
  • Aprile 2022
  • Settembre 2020
  • Giugno 2020
  • Maggio 2020
  • Febbraio 2020
  • Gennaio 2020
  • Dicembre 2019
  • Ottobre 2019
  • Settembre 2019
  • Maggio 2019
  • Aprile 2019
  • Marzo 2019
  • Febbraio 2019
  • Gennaio 2019

Link utili

  • Corsi di formazione
  • Decreto Legislativo 81/2008 informativa
  • Protezione antincendio e sicurezza cantieri
  • Valutazione dei rischi

LIFE 81 srls Sede legale e operativa: Via Aldo Moro 7/B – 27019 Villanterio (PV) Codice Fiscale/P.IVA: 02725800185 - Designed for Life 81 by Paolo Maggioni Conte - Enfold WordPress Theme by Kriesi
  • LinkedIn
  • Facebook
Scorrere verso l’alto
Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nelle impostazioni.
Life81
Powered by  GDPR Cookie Compliance
Panoramica privacy
Questo sito utilizza cookies che vi garantirà una navigazione ottimale. Le informazioni di cookie sono conservate nel vostro browser e garantiscono alcune funzioni come quella di riconoscervi velocemente attraverso la vostra precedente navigazione e aiutano il nostro team a identificare quali sezioni del sito trovate più interessanti e utili.
This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.
Cookie strettamente necessari
I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie.
Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.
Cookie Policy
Maggiori informazione sulla nostra Cookie Policy